Jonestown e fanatismo: la fine del Tempio del Popolo...

“Jonestown” è il nome con cui veniva generalmente chiamato il Progetto Agricolo del Tempio del Popolo, una comunità fondata da Jim Jones nella Guyana nordoccidentale. Quello del Tempio del Popolo era un movimento di volontariato che univa elementi religiosi a elementi politici di stampo socialista: fondato ufficialmente nel 1955 in Indiana, si era trasferito prima in California (nel 1965) e poi, con il crescere degli adepti e delle accuse di promiscuità e attività politica segreta, in Sudamerica. In realtà, almeno nella sua premessa, l’idea di Jones era un’idea positiva e innovativa, decisamente “avanti” per l’epoca: si trattava di una comunità unita, dove non c’era razzismo e dove, forse per la prima volta in quegli anni così difficili e controversi, si tentava una seria integrazione razziale, promuovendo la tolleranza e la fratellanza. Lo stesso Jones aveva adottato con la moglie bimbi di diverse origini ed etnie, creando una famiglia allargata davvero esemplare. Con l’andare del tempo, però, il progetto si era evoluto seguendo una strada imprevista, includendo toni apocalittici, metodi di lavaggio del cervello e mobilitazione permanente: ben presto, gli abitanti di Jonestown iniziarono a vedere il resto del mondo come il nemico e iniziarono a considerare la propria comunità con una sorta di paradiso terrestre. I livelli di fanatismo crebbero esponenzialmente in tempi brevissimi e lo stesso Jim Jones cominciò a raccogliere attorno a sé la sua nuova società: allontanarsi era impossibile, andarsene significava disertare, quindi tradire. Le famiglie di alcuni adepti chiesero aiuto al Congresso degli Stati Uniti che, dopo ripetute segnalazioni, decise di intervenire con una inchiesta ufficiale: fra il 17 e il 18 novembre del 1978, il deputato Leo Ryan si recò a Jonestown con una troupe di giornalisti NBC e cominciò a fare domande ai membri della comunità. Se dopo...

Pennywise: la creatura più spaventosa di Stephen King!...

Pennywise, il clown danzante, è uno dei pagliacci più famosi della storia del cinema e della letteratura: prima fra le pagine del romanzo di Stephen King, poi nell’interpretazione di Tim Curry sul piccolo schermo, ha saputo rappresentare la paura più assoluta, il puro terrore. Lo sguardo a tratti vitreo, le espressioni sprezzanti, il tragico contrasto fra la crudezza delle immagini e l’allegria della musica da circo che l’accompagna in ogni istante… un solo personaggio è stato in grado di tormentare i sonni di grandi e piccoli per anni, diventando una vera e propria icona. Ma Pennywise non è IT: è solo una delle sue tante manifestazioni. Perché? Perché IT rappresenta tutte le paure: si trasforma, cambia essenza, modifica il suo aspetto e si adatta di continuo. Un vampiro, un licantropo, dei fantasmi, persino una mummia… Quale immagine può racchiudere tutte le precedenti, conservando lo stesso tipo di inquietante terrore? King scelse il clown. In effetti, i pagliacci sono, da sempre, piuttosto controversi: complice il trucco esagerato, le smorfie e i numeri che prevedono – spesso – cadute rovinose, litigate e finta violenza, i clown non sono mai fra i preferiti dei bambini. Se poi si torna con la memoria ai circhi più antichi e ai “freaks” (donna barbuta, donna cannone, gemelle siamesi ecc…), è ancora più facile capire perché un certo tipo di spettacolo metta irrimediabilmente a disagio il pubblico, anche oggi. Ne sa qualcosa Tim Curry: chiamato a interpretare Pennywise per la miniserie tv del 1990, l’attore si trovò improvvisamente sommerso dal trucco, costretto a rimanere in costume per ore e ore. Certo, la quantità di make up venne progressivamente ridotta (la sua incredibile espressività bastava a avanzava per ottenere l’effetto desiderato), ma difficilmente il resto del cast trascorreva del tempo con lui:...