Addio a Kirk Douglas, il duro di Hollywood Feb06

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Addio a Kirk Douglas, il duro di Hollywood

Kirk Douglas non era fatto per le commedie.
Ci aveva provato all’inizio della sua carriera, ma si era reso conto subito che quel genere non gli permetteva di utilizzare al meglio le sue caratteristiche e i suoi talenti. Perché Kirk Douglas era un duro, un arrabbiato, uno in lotta col mondo, uno che voleva farcela: i suoi ruoli migliori rispecchiano tutti quest’animo ribelle e un po’ cinico.

Nato ad Amsterdam (stato di New York) nel 1916, figlio di una coppia di immigrati ebrei bielorussi, si era laureato in Lettere, si era diplomato all’Accademia Americana di Arte Drammatica a NY, aveva prestato servizio in marina durante la Seconda Guerra Mondiale e poi era tornato a fare teatro.
E recitava col suo nome, Issur Danielovitch, o al massimo col suo primo pseudonimo Isadore Demsky.
Ma a Broadway quel nome non piaceva, era troppo complicato, così lo aveva cambiato con Kirk – protagonista di un fumetto – e Douglas, il cognome della sua insegnante di dizione: un nome d’arte d’effetto, che ben si accordava con il suo fascino e le sue capacità.

Nel ’46 aveva debuttato al cinema con “Lo strano amore di Marta Ivers”, ma poi aveva cambiato orizzonti, buttandosi su ruoli più complessi e tosti, su ruoli anche moralmente ambigui: insomma, su “cattivi” sarcastici e approfittatori, che però sotto sotto nascondevano motivazioni condivisibili.
I classici cattivi che non si possono odiare.

Il successo vero era arrivato nel 1951 con “L’asso nella manica” di Billy Wilder, film dove Kirk Douglas interpreta un giornalista senza scrupoli e riesce a fare uno dei gesti più iconici della storia del cinema, cioè accendere un fiammifero facendo scattare una macchina da scrivere.
Tre anni dopo aveva fondato la sua casa di produzione, la Bryna Productions (dal nome della madre), e aveva cominciato a recitare in quelle che sarebbero diventate le sue migliori pellicole: Brama di Vivere di Vincent Minnelli nel ’56 (dove interpreta un incredibile e somigliantissimo Vincent Van Gogh), Orizzonti di Gloria di Stanley Kubrick nel ‘57 (un film fortemente antimilitarista che l’attore amava ricordare), Sfida all’O.K. Corral di John Sturges sempre nel ’57 (Douglas fu un grande interprete di film western) e infine il mitico Spartacus, sempre di Kubrick, nel ‘60.

La carriera era continuata a grande velocità per tutti gli anni ’70, salvo poi rallentare negli anni ’80 e limitarsi a piccole parti dagli anni ’90: nel frattempo, tre nomination agli Oscar (mai vinto) e un Oscar alla Carriera nel 1996.


Kirk Douglas si è spento il 6 febbraio del 2020 all’età di 103 anni.
Un interprete senza paragoni, l’ultima grande stella della Golden Age di Hollywood, secondo l’AFI al 17esimo posto fra le star più importanti del cinema americano, padre di Michael e Joel Douglas, attivista per i diritti degli afroamericani.
Che non ci sarà mai un altro come lui è una certezza.

Fonte per le immagini: www.theguardian.com