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Dal paragone con Best alla cattura in un Gulag: Eduard Streltsov

Uno accosta le parole “Anni ’60” e “calcio” e subito, nell’immaginario dell’interlocutore, si materializza la chioma corvina di George Best, il primo vero idolo calcistico a tutto tondo. Seguono a ruota le imprese (calcistiche e non) di “Bestie”, dalla Coppa Campioni con lo United allo stuolo di conquiste femminili dovuta alla fama di tombeur de femmes. Quel che non tutti sanno è che, oltre la cortina di ferro, esisteva un uomo simile per talento, estro e carattere, ma non altrettanto fortunato dal punto di vista del contesto geopolitico.

Eduard Streltsov

Eduard Streltsov

Questa è la storia di Eduard Streltsov. Classe 1937, crebbe nella Torpedo Mosca e sin dal debutto si segnalò fra le novità più interessanti del panorama mondiale. La sua fama crebbe di pari passo con le prestazioni della squadra moscovita e con il senno di poi verrebbe facile pensare ad un intromissione politica, considerando il contesto: può un regime totalitario come quello sovietico lasciarsi sfuggire l’occasione di cooptare una figura del genere? Sì, perchè Streltsov non è esattamente il modello di cittadino che piace a Krusciov, fra alccol, feste e belle donne. Però in campo ci sa fare e se ne accorgono anche in Europa, dato che dopo aver condotto la sua Nazionale all’oro olimpico di Melbourne ’56 France Football lo inserisce nella lista del Pallone d’Oro 1957, in cui si piazzerà al settimo posto.

Il “nostro” all’epoca ha solo 20 anni, eppure ha già in bacheca anche un titolo di capocannoniere e quasi 50 gol complessivi in 90 gare. L’Unione Sovietica ha il miglior portiere del globo e un centravanti di primissimo livello, può qualcosa andare storto? La risposta è sì, perchè sarà proprio una festa a dividere in due tronconi la carriera di Streltsov, lasciando nel mezzo uno spazio vuoto di rimpianti. Alla vigilia del Mondiale in Svezia infatti, Il 25 maggio del 1958 lascia il ritiro della Nazionale per recarsi ad un party frequentato anche da membri del partito. Tutto normale, non fosse che il giorno successivo venga accusato di stupro.

La palla passa poi al KGB, che lo interrogano nel carcere della Butirka e gli promettono il rilascio in caso di firma della confessione. Vuoi per la volontà di giocare la Coppa del Mondo, vuoi per una buona dose di ingenuità, il documento viene firmato e ovviamente, la promessa non fu mantenuta. Per l’attaccante si spalancarono le porte di uno dei tanti gulag siberiani, nel quale rimase per sette lunghi anni. Una decisione al limite del masochismo e secondo alcune fonti calata dall’alto (c’è chi indica Kruscev in persona). Altrettanto ovviamente, alla rassegna svedese l’URSS, orbata del suo miglior prospetto uscì di scena ai quarti, trascinata da solo Jascin. Eduard ritrovò la libertà solamente nel 1965 e nonostante il fisico provato, non si spense mai del tutto continuando a regalare bagliori di classe pura. In merito a quel che successe quella notte di primavera però, le versioni sono molteplici e quasi tutte di stampo innocentista. La più accreditata racconta di un insulto indiretto pronunciato dal giocatore verso la figlia di un influente funzionario del Politburo, provocandone la collera (“Non sposerei mai quella scimmia”, avrebbe  incautamenteconfidato ad un amico). C’è poi chi indica la causa nel rifiuto di trasferirsi alla Dinamo o al CSKA, emanazioni rispettivamente di Ceka (la polizia politica) e Armata Rossa, che all’epoca dominavano. Sta di fatto che, al rientro in campo a 28 anni, si reintegra al meglio al punto da vincere addirittura il campionato, sempre con la sua Torpedo. Agli appassionati di calcio non può non restare un pizzico di rammarico per non aver visto il suo reale potenziale: nel ’58 era fra le vedette della kermesse iridata e i tifosi fremevano al pensiero del confronto a distanza con l’altro astro nascente, del quale a migliaia di chilometri di distanza si diceva un gran bene. Si chiamava Pelè, non aveva ancora 18 anni e si rivelò al mondo proprio nel corso di quella manifestazione. Ad ogni modo, pur provato nel fisico dalle dure condizioni della prigionia, la classe restò intatta e sino al suo ritiro nel 1970 riuscì a gonfiare la rete con una certa regolarità (le statistiche parlano di altri 51 centri in 133 apparizioni).

Dinanzi a queste cifre, non può che nascere un briciolo di amarezza mista a delusione per ciò che avrebbe potuto essere e forse nel Walhalla del football, sotto Maradona e Pelè e accanto ai vari Puskas, Di Stefano e Cruyff ci sarebbe anche lui “riscarcito” in qualche modo della detenzione con il permesso di restare alla Torpedo, vincendo un campionato e lo scettro di miglior giocatore sovietico sia nel 1967 che nel 1968. Proprio mentre, dall’altra parte d’Europa, un ventenne nord – irlandese con i capelli lunghi vinceva il Pallone d’Oro.

Fonte: www.novantesimo.com