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Ecco perché evitare ciò che ci fa paura non è sempre una buona idea

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Molte persone mettono in atto delle strategie dette di evitamento, con lo scopo di evitare tutte le situazioni sociali e familiari che potrebbero potenzialmente essere fonte di sofferenza o di rifiuto attuato da altri verso se stessi.
Nella stragrande maggioranza dei casi, queste autolimitazioni non hanno alcun motivo di esistere, in quanto non hanno fondamenti reali ma derivano esclusivamente dal pensiero del soggetto, che molte volte, secondo gli psichiatri, ha subito traumi inconsci nell’infanzia. Passare la vita limitando le interazioni sociali e le scelte, per evitare una possibile sofferenza, si traduce in un comportamento che è esso stesso causa di sofferenza per il soggetto.
Chi mette in atto strategie evitanti, evitando la socializzazione e l’occasione di incontri, è talmente terrorizzato dalla sofferenza o dall’idea di subire derisione che si paralizza completamente, rifiutando relazioni, occasioni di lavoro e opportunità. Questo comportamento spesso viene praticato dal soggetto senza una completa consapevolezza, in quanto esso si ritrova, ad un certo punto, ad essere quasi del tutto solo e si chiede in quale modo è arrivato a isolarsi in maniera tanto netta dal resto del mondo.
La causa di questo atteggiamento di paura è da ricercarsi nella famiglia, che molto spesso frena il soggetto, lo inibisce, lo convince che il giudizio degli altri sia determinante; a lungo andare, il senso di vergogna prevale su tutti gli altri, spingendo il singolo a bloccare ogni slancio e ogni impulso nel timore di risultare inadeguato, fino al sentirsi stupido, estraneo alla società e timoroso di ogni cosa.

Psichiatri e psicoterapeuti sono concordi nell’affermare che la strategia più adeguata per affrontare questo genere di problema, che può diventare seriamente invalidante, è mettere il soggetto davanti ai propri timori. Così come il bambino, accendendo la luce, si accorge che il mostro in realtà non esiste, chi attua strategie di evitamento, messo davanti alla realtà dei fatti, si avvede che non c’è nulla di cui aver paura; affrontando i propri timori, prima scrivendoli su un foglio e quindi analizzandoli uno a uno e provando fisicamente le esperienze temute, il soggetto prova che non è vero che la sofferenza è evitabile chiudendosi in se stessi, ma che anzi, è la chiusura verso il mondo e l’autocritica eccessiva ad essere causa di sofferenza, in un circolo vizioso che si autoalimenta.
Il consiglio degli esperti, ben focalizzato nell’articolo sul disturbo evitante, è quello di rivolgersi ad un professionista, per identificare e risolvere tutti le implicazioni di questo disturbo.