Gaetano Scirea: i miti del calcio che restano nella storia Set03

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Gaetano Scirea: i miti del calcio che restano nella storia

Il 3 settembre del 1989 moriva in un incidente stradale Gaetano Scirea, colonna della Juve e icona del buon calcio, dello sport interpretato con eleganza e misura, dei valori che vanno oltre il campo e arrivano alla vita di tutti i giorni.
Gai è entrato nella storia per il suo talento, per la sua moderazione, anche per la sua scomparsa prematura e inaccettabile: purtroppo, non è stato il solo ad andarsene troppo presto.
Con lui, ci sono tantissimi sportivi indimenticabili: il Torino scomparso a Superga, lo United colpito dal disastro aereo di Monaco, più recentemente Davide Astori, Piermario Morosini…
Oggi vogliamo parlare di quattro campioni, che hanno cambiato questo sport e sono rimasti nel cuore di tutti i tifosi.

 

GAETANO SCIREA

Gaetano Scirea

Gaetano Scirea

Nasce nel 1953 e si fa largo nel mondo del pallone diventando uno dei migliori interpreti nella storia di questa disciplina: insieme a Zoff, Cabrini e Gentile dà vita a una delle linee difensive più forti mai esistite e, come capitano, guida la sua Juventus dal 1984 al 1988.
Scirea è corretto, elegante, non alza mai la voce, non si abbandona a gesti di stizza, non perde mai la calma e fa di tutto per contenere compagni e avversari: nella sua carriera non viene mai espulso, un fatto quasi unico se si considera il suo ruolo di difensore. È il primo giocatore a vincere tutte le principali competizioni UEFA, diventa campione del mondo nel 1982 e per tantissimi anni detiene imbattuto il record di presenze con la Juve: 552 apparizioni.

Nel 1989, finita la meravigliosa carriera sul campo, inizia il suo percorso come allenatore, in collaborazione con Zoff: per questo motivo, a settembre si reca in Polonia per visionare la squadra che a breve avrebbe dovuto incontrare la Juventus in Coppa UEFA, la Gornik Zabrze. Il viaggio di ritorno, però, si conclude in tragedia: la macchina su cui sta viaggiando con altre tre persone viene tamponata da un furgone nei pressi di Varsavia.
Nel bagagliaio tre taniche di benzina tenute come scorta prendono fuoco, trasformando un incidente quasi innocuo in una strage: muoiono tre occupanti, fra cui proprio Gaetano Scirea.
A dare l’annuncio in diretta, incredulo, è Sandro Ciotti, che interviene in serata nel corso della Domenica Sportiva, con un intervento che – suo malgrado – è entrato nella storia.

 

LUIGI “GIGI” MERONI

Gigi Meroni

Gigi Meroni

Gigi Meroni è, per certi versi, molto diverso da Gaetano Scirea.
Giovane, giovanissimo, è un campione sul campo: è forte, veloce, imprevedibile, i suoi dribbling a sorpresa diventano l’incubo delle difese avversarie. In pochissimo tempo si merita il soprannome di “Farfalla”, segnando 29 reti in 145 partite.
Meroni è un’ala, gioca col numero 7 e si fa notare per alcune “bizzarrie”, considerata l’epoca: porta i capelli lunghi, la barba, tiene i calzettoni abbassati e – soprattutto – convive con una ragazza separata. È un appassionato d’arte ed è un anticonformista: questi particolari, associati al suo incredibile talento, ne fanno immediatamente un’icona, anche controversa.

Il 15 ottobre del ’67, dopo la partita contro la Sampdoria (vinta 4 a 2), Meroni va verso casa in compagnia di Poletti: il giocatore, però, non ha le chiavi di casa, così è costretto ad entrare nel Bar Zambon per telefonare alla compagna.
Si trova su Corso Re Umberto, vicinissimo a casa: attraversa con l’amico la strada, riesce a fare mezza carreggiata, ma dall’altra parte stanno arrivando delle auto, così i due fanno un passo indietro.
Nell’altra direzione, una Fiat 124 coupè li vede all’ultimo: prende di striscio Poletti, ma investe in pieno Meroni, che viene sbalzato dall’altra parte. Lì viene colpito da una Lancia Appia, che lo trascina per 50 m.
Meroni è gravissimo, un passante lo porta di corsa al Mauriziano, ma non c’è niente da fare: muore alle 22:40.

Il lutto scuote la città, ai funerali (contestatissimi) partecipano in tanti: dal carcere Le Nuove arrivano dei fiori, inviati grazie a una colletta fra i detenuti.
La settimana dopo si svolge, in un silenzio surreale, il derby, preceduto da un lancio di fiori proprio in corrispondenza dell’ala destra del numero 7: il Torino vince la partita, segnando 4 gol.

 

RENATO CURI

Renato Curi

Renato Curi

Renato Curi, classe ’53, è stato un calciatore del Perugia, particolarmente apprezzato anche dai tifosi del Toro: grazie a un suo gol, infatti, il 16 maggio del ’76, la Juventus perse una partita decisiva, consegnando lo scudetto al Torino. Storica è la radiocronaca, che fa sentire in diretta l’urlo del Comunale appresa la notizia della rete del Perugia ai danni della storica avversaria.

Muore in campo il 30 ottobre del ’77, stroncato da un arresto cardiaco a cinque minuti dall’inizio del secondo tempo: alla sua memoria, un mese dopo, viene intitolato lo stadio della città.

 

ARMANNO FAVALLI

Armanno Favalli

Armanno Favalli

Classe ’39, Armanno Favalli ha fatto la storia del Foggia, nonostante le sue poche presenze (32 con 2 reti). Anche la sua vita viene interrotta da un brutto incidente, di ritorno a casa sulla sua Fiat 850: la scomparsa prematura di questo campione è così sconvolgente che Angelo Moratti decide di cedere al Foggia, quasi a ripagare la perdita, Erminio, fratello di Armanno e promessa dei giovani dell’Inter.

Erminio si meriterà il soprannome di “Farfallino” e in breve verrà convocato anche dall’Under-23.