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I cosmonauti perduti

Quella dei cosmonauti perduti è una storia che circola, ormai, da oltre mezzo secolo: la leggenda narra che Gagarin, vero e proprio eroe russo (e non solo), non sarebbe stato il primo uomo a viaggiare nello spazio, ma, piuttosto, il primo a partire e tornare vivo. Perché prima di lui ci sarebbero stati almeno altri 10 lanci nel programma spaziale sovietico, finiti molto peggio.

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Ad oggi, gli unici cosmonauti URSS la cui morte in missione è stata confermata sarebbero i quattro piloti impegnati nelle missioni Sojuz 1 e Sojuz 11 (rispettivamente, 1967 e 1971): l’Unione Sovietica (poi Russia) non avrebbe mai dato per vere le voci secondo cui, ben prima del lancio di Gagarin, alcuni astronauti sarebbero stati inviati in missioni di prova e poi letteralmente “persi”, senza riuscire a far ritorno.
Le prime indiscrezioni in questo senso cominciarono a circolare già nel 1959, quando lo scienziato Hermann Oberth affermò di aver saputo da una fonte che non poteva rivelare della morte di un astronauta partito poco tempo prima dalla base di lancio Kapustin Yar: naturalmente, la storia venne smentita.
Nel dicembre dello stesso anno, però, l’agenzia italiana Continentale affermò che un esponente del partito comunista cecoslovacco aveva confermato la morte di tre cosmonauti in altrettante missioni spaziali: a supporto della notizia, iniziarono a circolare anche alcune foto di piloti in divisa.
Quei piloti, il cui nome veniva riportato in calce, vennero, però, riconosciuti come membri di missioni mai confermate e mai partite, quindi come cosmonauti rimasti a terra.
Anche il 1960 venne attraversato da voci di piloti perduti e vennero fatti anche alcuni nomi, come Vladimir Iljushin e Tokov.

Le prove più incredibili a supporto di questa teoria arriverebbero, però, da Torino, dove due radioamatori, Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia avrebbero, nel corso degli anni ’60, ascoltato messaggi provenienti dallo spazio.
28 novembre 1960: i due intercettano un “SOS a tutto il mondo” in alfabeto Morse. La trasmissione arriva da un punto nel cielo in allontanamento: forse una navicella alla deriva. La notizia viene smentita: in quel momento l’Unione Sovietica non dispone ancora della tecnologia necessaria per lanciare esseri umani (le Vostok) e ha lanciato in orbita solo un satellite privo di equipaggio, lo Sputnik 6.
2 febbraio 1961: i radioamatori intercettano un battito cardiaco ed un respiro affannato, forse di un cosmonauta in pericolo. Due giorni dopo anche Mario Del Rosario ascolta lo stesso messaggio. Anche in questo caso la storia viene smentita: non ci sono uomini in orbita e, anche se ci fossero, il battito cardiaco sarebbe codificato ed inascoltabile via radio.
23 maggio 1961: diverse voci, fra cui una voce di donna. Affannati, parlano di una fiamma e di calore: forse un equipaggio in pericolo. La risposta sovietica è sempre la stessa: le Vostok possono ospitare un solo passeggero, quindi la presenza di più voci smentisce da sola la teoria. Inoltre, le donne entrarono nel programma spaziale solo a partire dal 1962.
15 maggio 1962: di nuovo più voci, due uomini e una donna disperati. L’URSS respinge l’accusa: in quel momento, in orbita c’è solo il satellite Sputnik 15.

A conferma della teoria dei cosmonauti perduti ci sarebbero alcuni elementi: l’Unione Sovietica avrebbe fatto partire diverse missioni senza equipaggio, ma molti ritengono che, in realtà, alcuni di questi voli prevedessero anche presenza umana. Inoltre, sempre in quegli anni, vennero pubblicate notizie piuttosto particolari sui giornali russi e vennero fatte moltissime intercettazioni, in effetti, inspiegabili. Non si contano, poi, le fonti legate al blocco sovietico pronte a testimoniare anche sul tema spaziale.
D’altra parte, a negare la teoria, c’è, forse, la più importante delle prove: i documenti ufficiali.
Resi pubblici negli anni ’90 con lo scioglimento dell’URSS, le pagine avrebbero rivelato moltissimi segreti, fra cui i fallimenti, i retroscena, la catastrofe di Nedelin (un incidente sulla rampa di lancio in cui morirono 78 persone), esplosioni non previste, ma mai alcuna anche minima prova di cosmonauti persi nello spazio.

Quindi, chi avrà ragione?