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La Piccola Bastarda: che fine ha fatto la Porsche di James Dean?

James Dean, morto a soli 24 anni nel 1955, è ancora oggi un’icona: di stile, sicuramente (anche grazie a lui, jeans e maglietta bianca spopolano indisturbati da oltre mezzo secolo), ma anche di “attitudine”.
Con la sua faccia bellissima e squadrata, il suo sguardo a tratti trasognato, il suo indiscusso talento, le sue foto private che rivelano un animo profondo, le intense passioni per tutto ciò che è arte e la sua affascinantissima vena ribelle, è ancora oggi – per tanti – un modello da imitare, raggiungere, superare.

Parte del suo essere ribelle si esprimeva anche con le auto: le sue preferite, le Porsche, lo accompagnarono per tantissimi anni e una di loro, la Piccola Bastarda, ne segnò anche la fine.

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Ma chi era la Piccola Bastarda?
Era una meravigliosa Porsche 550 Spyder color argento, lunga, lunghissima, senza tettuccio: praticamente un missile, sia per linee che per velocità (220 Km/h con un passaggio da 0 a 100 in 10 secondi. Nel 1955…).
Dean l’acquistò nel ’55, abbandonando la precedente 356 bianca: nemmeno il tempo di staccare l’assegno che l’auto finì a George Barris, famoso per aver progettato e prodotto alcune delle auto cinematografiche più famose di sempre (la macchina dei Flinstones, la Batmobile, il Generale Lee…).
Barris gliela modificò, la rese ancora più aggressiva, perfetta per quelle gare su strada che la Warner Bros. aveva espressamente vietato a Dean, almeno durante le riprese.
Dopo le modifiche, Barris gliela riconsegnò, manifestando un brutto presentimento: la Piccola Bastarda, soprannome scelto direttamente dall’attore, l’avrebbe fatto finire male.

Il 30 settembre del ’55, la profezia si avverò.

Mentre si trovava in auto, sulla sua Little Bastard, in compagnia di un amico, un’auto proveniente dalla direzione opposta non rispettò una precedenza, prendendoli in pieno: sulla Statale 46, in direzione Salinas (dove, nonostante i divieti, l’attendeva una gara su strada), James Dean morì, ucciso dal piantone della Bastarda, mentre il suo passeggero e l’autista della seconda vettura ne uscivano acciaccati, ma vivi.

Barris riacquistò immediatamente la vettura: in fondo, era pur sempre una Porsche.

Cominciò a rivenderne i pezzi e, contemporaneamente, cominciarono a succedere anche cose molto strane:
– mentre veniva caricata su un camion, i sostegni cedettero. L’auto finì su un meccanico, rompendogli anca e gamba;
– il motore andò a un dottore tedesco, amante delle corse. Durante una gara, perse il controllo, uccidendo un giudice;
– le gomme andarono a un secondo pilota che, coinvolto in un incidente, rimase paralizzato dalla vita in giù;
– il telaio, rimasto nel garage di Barris, finì per ferire un giovane ladruncolo. Gli amputarono un braccio.

Dopo un paio di mesi, George Barris ne aveva davvero abbastanza della Piccola Bastarda: la consegnò a una organizzazione, accettando che venisse utilizzata per delle campagne di sensibilizzazione.

Nel trasporto verso una fiera a New Orleans, il camion venne tamponato, i portelloni si aprirono, la Bastarda schizzò fuori, uccidendo un terzo autista.
Poco dopo, in Oregon, un secondo camion usato per il traporto non riuscì a frenare, finendo dentro ad un negozio, per fortuna vuoto.
A destinazione, senza preavviso, l’auto esposta si divise in 11 pezzi: i rottami vennero immediatamente rispediti al mittente.

Ed è qui che la trama s’infittisce.
Perché la Piccola Bastarda, anche divisa, anche trasformata in un rottame, uno scheletro, a casa non c’è mai tornata.
Barris mise addirittura una taglia milionaria sul telaio, ma non la trovò mai più.

Dove si trova ora è impossibile saperlo: che sia riuscita a smettere di fare danni?