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Lo strano caso del film Contagion

Nel non poi così lontano 2011, gli appassionati di cinema – e in particolare delle pellicole action thriller a tema pandemia – vennero sorpresi dall’ultima fatica del regista Steven Soderbergh, lo stesso di Out of Sight, Erin Brockovich, Ocean’s Eleven (e sequel) e Solaris: Contagion.
Il cast stellare contava – fra gli altri – anche Gwyneth Paltrow (che fa una particina ina ina piuttosto importante), Matt Damon, Jude Law, Kate Winslet, Marion Cotillard, Bryan Cranston e poteva vantare una trama insieme interessante e inquietante, la cui forza dipendeva innanzitutto da un realismo a tratti horror: con tutte queste premesse, la pellicola incassò 135 milioni di dollari in tutto il mondo, mettendo le basi per un nuovo modo di rappresentare scienza, scienziati e medicina al cinema.

Nel 2020, a 9 anni dal suo primo successo, il film è tornato di incredibile attualità, rientrando a gennaio nella Top 10 dell’iTunes Movie Rentals, cioè dei film più noleggiati dagli utenti della Mela: a febbraio, è sceso all’undicesimo posto. Come mai?
La risposta è semplice: Coronavirus.

L’outbreak del Coronavirus ha spinto moltissimi a cercare risposte plausibili e confortanti all’interno delle pellicole dedicate a questo tema: se tanti film sono assolutamente sconsigliati (e anche un po’ pericolosi, se pensiamo che potrebbero scatenare l’effetto contrario), l’idea di riguardare Contagion potrebbe non essere del tutto inutile.

I temi messi in campo dalla pellicola sono vari e validi, quasi tutti gli aspetti scientifici sono trattati con attenzione e la rappresentazione di tecnologie, interventi sul campo e organizzazione delle cure è, pur nella drammatizzazione necessaria per dare un significato al film, molto vicina al reale: anche il lato governativo e quello delle ordinanze ufficiali è piuttosto realistico.
Ma di cosa parla il film?

Contagion segue passo passo il diffondersi di un virus (inventato ad hoc per l’occasione) dall’incredibile percentuale di mortalità del 25% (la SARS raggiungeva il 15%), dalla sua nascita a Hong Kong al suo arrivo negli Stati Uniti via aereo: il “paziente zero” (ma sarebbe più corretto chiamarlo index) è Gwyneth Paltrow.
Inconsapevolmente, la donna infetta tutte le persone che entrano in contatto con lei: il virus è violento e rapido, ha un periodo di incubazione di due giorni e in 4/5 giorni al massimo uccide l’ospite.
Nel giro di poche settimane, come è facile intuire, la situazione precipita.

La pellicola ha il merito di spiegare con parole semplici le caratteristiche del contagio, presentando anche un modello matematico credibile: certo, la storia presenta tutti i possibili worst-case scenarios ed è un concentrato di pessimismo, ma allo stesso tempo è anche piuttosto chiaro.
Nella peggiore delle ipotesi, tutto questo potrebbe accadere.

E cosa accade?
– Il virus si diffonde senza tregua, uccidendo oltre due milioni di persone in un lasso di tempo brevissimo;
– Il governo sembra inizialmente paralizzato e non sempre gli esperti chiamati a tranquillizzare le persone riescono nel loro intento;
– Si diffondono da subito cospirazioni e teorie del complotto, che convincono tante persone ad agire contro il proprio interesse, allontanandosi dalle buone regole suggerite dagli addetti ai lavori;
– La cura fatica ad arrivare (come è giusto che sia, perché un vaccino non viene trovato per magia), le prove sono tante e spesso infruttuose, la produzione su larga scala richiede tempo;
– Nel frattempo la società attraversa delle enormi trasformazioni, il panico si diffonde e prevalgono comportamenti egoistici;
– Nel momento di massima crisi si diffonde anche la violenza, con atti di sciacallaggio e massacri spinti dalla disperazione;
– Alla fine una cura viene trovata e il vaccino viene distribuito piano piano, coprendo lo spazio di un anno: di nuovo, un elemento di forte realismo, perché nessuna eventuale cura potrebbe arrivare a tutti nello stesso momento.

Fra i tanti punti, il più interessante – e anche quello più attuale, se vogliamo – riguarda i pericoli di una cattiva comunicazione.
Il personaggio interpretato da Jude Law, infatti, approfitta della paura della gente, diffonde sfiducia nei confronti del governo e dei medici, promuove una cura naturale alternativa (naturalmente inutile) e convince i suoi 12 milioni di followers a seguire il suo esempio, tutto per denaro: le conseguenze negative sono incalcolabili.

La morale è chiara: per ammalarsi basta stare a contatto con un soggetto malato, ma per avere paura basta leggere un pettegolezzo spacciato per verità.
Da lì, il panico farà il resto.

Contagion potrebbe non essere la visione ideale se siete persone un po’ impressionabili, ma – nonostante qualche lacuna giustificabile con una semplificazione adatta al grande schermo – rappresenta una fonte piuttosto importante per comprendere i danni derivanti da rumors, gossip e fake news incontrollate.
Questo vale anche oggi, anche per il Coronavirus.
Per ricevere informazioni affidabili e precisi sul problema, consultate solo fonti ufficiali, come il Ministero della Salute; che potrete trovare cliccando su questo link: http://www.salute.gov.it/portale/home.html

Se, invece, volete approfondire il tema cinematografico, potete leggere gli articoli di Vox, New York Times e The Daily Beast, che hanno ispirato questo post:

https://www.vox.com/2020/2/4/21120178/contagion-movie-coronavirus-itunes-fake-news

https://www.nytimes.com/2011/09/13/science/13view.html

https://www.thedailybeast.com/how-contagion-pushed-hollywood-to-get-science-right