MARINA ABRAMOVIC: THE GRANDMOTHER OF PERFORMANCE ART Giu17

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MARINA ABRAMOVIC: THE GRANDMOTHER OF PERFORMANCE ART

Nata a Belgrado, in Serbia, nel 1946, Marina Abramovic è stata ed è tuttora una delle artiste più importanti ed influenti nel campo della body art: la sue prime performance risalgono agli inizi degli anni ’70 e sono da subito dedicate ad alcuni temi in particolare, come la sessualità e la femminilità, la dimensione intima e quella quotidiana, l’interpretazione della realtà, la relazione fra artista e pubblico, i limiti del corpo e le possibilità della mente. Fin dagli esordi, lo strumento utilizzato dall’artista è stato, infatti, il suo stesso corpo, protagonista di vere e proprie prove, necessarie per testarne la resistenza fisica e psicologica ed esplorare i limiti della sopportazione: il corpo è simbolo della realtà, mezzo per porre domande e generare risposte, suscitando attenzione e obbligando il pubblico a reagire, diventando oggetto dell’esecuzione.

Ma perché proprio il corpo e perché questo tipo di performance? Perché, secondo Marina Abramovic, solo sperimentando il dolore, la sofferenza, la paura della morte ed i limiti fisici puoi davvero liberarti di loro: “Le cose che non conosco, le cose che temo, quelle difficili finiscono per contare veramente. Nella vita reale la gente va incontro a tragedie tremende, a malattie e sofferenze che portano vicino all’esperienza della morte. Queste sono situazioni che cambiano la vita. La felicità non cambia la vita di nessuno: è uno stato che non si vuole mai alterare. Ecco perché io metto in scena difficoltà e momenti pericolosi: per superarli e infine liberarmi delle paure. Come una sorta di catarsi.” (Potete trovare l’intervista completa qui)

Fra le opere che meglio rappresentano questo concetto si possono citare:

RHYTHM 0 (1974) – L’esecuzione si svolse a Napoli: su un tavolo vennero posti 22 oggetti di diverso tipo (rasoi, forbici, una macchina fotografica, una rosa…) e al pubblico venne detto che l’artista sarebbe rimasta inerme per 6 ore, disponibile a qualsiasi tipo di interazione mediante quegli oggetti. Dopo le prime 3 ore, trascorse abbastanza tranquillamente, gli spettatori cominciarono ad utilizzare i mezzi a loro disposizione per dare vita ad una performance subito incontrollata: i vestiti della Abramovic vennero tagliati, alcuni utilizzarono le lamette per ferirla, mentre altri, accortisi del pericolo di una degenerazione violenta, si preoccuparono di creare una sorta di cordone umano per proteggerla. I partecipanti si divisero fra istigatori e difensori e la situazione si risolse in uno scontro quando uno degli spettatori mise una pistola carica (il 22esimo oggetto) fra le mani dell’artista, spostandole il dito sul grilletto.

Marina_abramovic_Rhythm_0

ART MUST BE BEAUTIFUL (1975) – L’artista spazzola i suoi capelli per circa un’ora, utilizzando contemporaneamente una spazzola ed un pettine di metallo. Durante l’esecuzione, la Abramovic ripete ciclicamente sempre le stesse frasi: “L’arte deve essere bella. L’artista deve essere bello”, continuando a pettinarsi, fino al punto di graffiarsi il viso e rovinarsi i capelli.

marina_abramovic_art_must_be_beautiful

FREEING THE BODY (1975), THE MEMORY (1976), THE VOICE (1976) – Durante queste tre performance, la Abramovic balla per circa 8 ore ininterrottamente, fino a rimanere a terra esausta, pronuncia una alla volta tutte le parole di sua conoscenza (in serbo, croato, inglese ed olandese), e urla fino a perdere la voce. Tutte e tre le opere sono nate per purificare l’artista sia nel corpo che nello spirito e portarla ad uno stato di incoscienza.

marina_abramovic_freeing_the_voice

IMPONDERABILIA (1977) – Una delle esecuzioni nate dalla collaborazione con Ulay Laysiepen, artista tedesco e per un certo tempo compagno della Abramovic, prevede che entrambi, nudi, si posizionino l’uno di fronte all’altra ai lati di una stretta porta, all’interno della Galleria d’arte moderna di Bologna. Chiunque voglia entrare nella galleria è costretto a passare in mezzo a loro e a scegliere se rivolgersi verso il lato maschile o femminile.

marina_abramovic_imponderabilia

THE ARTIST IS PRESENT (2010) – L’esecuzione al MoMA di NY dura da marzo alla fine di maggio, per un totale di 736 ore e 30 minuti: l’artista, seduta su una sedia, accoglie chiunque voglia sedersi davanti a lei, per tentare di esprimere con lo sguardo qualcosa di inesprimibile a parole. La Abramovic ha affermato che The Artist is Present rappresenta la vulnerabilità dell’artista nei confronti del pubblico, la sua capacità di diventare specchio e tramite, di donare amore incondizionato a perfetti sconosciuti: l’arista è presente a se stesso, in un tempo ed uno spazio, ed è consapevole. Solo così può entrare in contatto col pubblico e dare vita ad uno scambio di energie.

marina_abramovic_the_artist_is_present

THE ABRAMOVIC METHOD (2012) – Gli spettatori possono interagire con oggetti di legno e minerali stando in piedi, seduti o sdraiati: vengono guidati attraverso il buio, la luce ed il silenzio per rimanere completamente soli, lontano dalla realtà.

marina_abramovic_the_abramovic_method

Nel 2010, in occasione della consegna del premio “Lorenzo il Magnifico“, la Abramovic ha enunciato i 9 punti, anche ironici, del suo manifesto ideale:

1) Un artista non deve mentire a se stesso o agli altri.

2) Un artista non deve rubare idee agli altri artisti.

3) Un artista non deve fare compromessi con se stesso o con il mercato dell’arte.

4) Un artista non deve uccidere un altro essere umano.

5) Un artista non deve trasformarsi in un idolo.

6) Un artista deve avere relazione con la propria vita affettiva.

7) Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.

8) Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.

9) Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.