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Perché crediamo ai fantasmi?

Dire che crediamo” ai fantasmi – proprio così, con la prima persona plurale – potrebbe non essere il modo più giusto di affrontare questo tema.
In tanti credono al soprannaturale, questo è vero, ma è vero anche che sono moltissimi quelli che non vogliono saperne niente, gli scettici che non capiscono come si possa perdere tempo con questo genere di fesserie.
Spiriti, voci dall’oltretomba, sussurri nella notte, tavole Ouija che si muovono durante le sedute spiritiche… tutte cose che i più razionali fra noi affrontano con una risata e con una scrollata di spalle.

Se crediamo ai fantasmi è anche colpa sua: la tavola Ouija!

Se crediamo ai fantasmi è anche colpa sua: la tavola Ouija!

C’è poi tutto il mondo di quelli che “io non ci credo, però non si sa mai”.
I curiosi senza certezze, gli amanti dell’adrenalina che non sono totalmente convinti della presenza di un qualcosa di soprannaturale, ma che sono aperti alla possibilità e – anzi – si divertirebbero un mondo a scoprire che poi, in fondo in fondo, qualcosa di misterioso esiste.

Tralasciando gli studi, gli interessi e le singole esperienze di ciascuno di noi, pare che ci sia una spiegazione molto semplice del perché tendiamo a credere nel soprannaturale e del perché cerchiamo motivazioni più o meno creative per convincerci di aver visto o sentito dei fantasmi.

Secondo lo psicologo Christopher French, infatti, alla base di tutto ci sarebbe l’evoluzione del genere umano.

Il nostro cervello ci consente di formulare due tipi di pensiero, reattivo e ragionato.
Il primo ci permette di decidere sul momento, mentre il secondo si attiva quando abbiamo tempo per considerare pro e contro.

Il pensiero reattivo è quello che ci avvicina di più al regno animale, è il pensiero istintivo, il tipo di pensiero che avrebbe fatto fuggire un uomo primitivo di fronte a un fruscio diverso dal solito: perché un uomo primitivo non avrebbe potuto permettersi di ragionarci su e scoprire che dietro a quel fruscio si nascondeva un predatore.
Meglio fuggire intanto e scoprire, dopo e al sicuro, di aver frainteso.

Un rumore strano? Un’ombra sospetta? Panico da fantasmi!

A questo si aggiunge un altro tipico comportamento umano.
Avete mai notato che tendiamo a vedere facce negli oggetti?
Un cassetto con due pomelli sembra improvvisamente avere occhi che ci guardano, il retro di un’auto con fanali e targa sembra sorriderci, d’improvviso la nostra sedia piena di vestiti proietta sul muro un’ombra che sembra proprio quella di una persona in carne e ossa…

Si chiama Pareidolia, ed è la nostra predisposizione a riconoscere visi e oggetti in forme estranee.
Una tendenza che conserviamo anche con i rumori: basta un po’ di buio e di tensione per farci scambiare un sibilo per un fischio o per un urlo.

Sarebbe logico, quindi, concludere dicendo che, di fatto, non crediamo ai fantasmi, ma ci lasciamo condizionare da alcuni comportamenti che sono tipici della nostra specie e che risalgono ai primi passi della nostra evoluzione.
Comportamenti istintivi, che in una situazione di esposizione al pericolo, ci permetterebbero di fuggire e salvarci da rischi veri o presunti.

Eppure, questa spiegazione non soddisfa del tutto, vero?
Alcuni di noi vogliono semplicemente vivere il brivido e continuare a pensare che forse, chissà, qualcosa di vero in tutto questo soprannaturale c’è!

Fonte: Focus