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STORIA DI UNA NAVE FANTASMA: LA MARY CELESTE

La Mary Celeste è, forse, la nave fantasma più famosa di sempre: partita serenamente e ritrovata completamente vuota poco più di un mese dopo l’inizio del suo viaggio, divenne protagonista perfino di un racconto breve di Sir Arthur Conan Doyle.

La storia della Mary Celeste parte molto prima di quel 4 dicembre del 1872 – giorno in cui venne avvistata e avvicinata per essere riportata da sola al porto – quando il brigantino si chiamava ancora Amazon.
La Amazon era stata costruita nel 1861 nei cantieri della Nuova Scozia (precisamente sull’Isola di Spencer, Canada) ed era stata salutata come una delle prime grandi imprese della zona: una nave bella e veloce, lunga 31 metri, con due alberi e altrettante vele.
Ma si capì da subito che quella nave bella e veloce era stata colpita dalla sfortuna.
Il primo capitano, Robert McLellan, si ammalò di polmonite pochi giorni dopo aver accettato di comandare l’imbarcazione, morendo all’inizio del viaggio inaugurale. Dopo di lui, altri due capitani persero la vita a bordo.
John Nutting Parker, il secondo capitano, andò a sbattere per due volte contro altre navi: il secondo incidente, avvenuto durante la prima traversata dell’Atlantico, portò alla sua destituzione dall’incarico. A seguire, la Amazon visse 6 anni di assoluta tranquillità, interrotti bruscamente nel 1867, quando, durante una tempesta, si arenò rovinosamente: a questo punto, la scaramanzia tipica della marina prese il sopravvento.

Un'incisione mostra la Mary Celeste al momento del ritrovamento

Un’incisione mostra la Mary Celeste al momento del ritrovamento

La nave venne venduta subito dopo il recupero per poco più di 1700 dollari: il nuovo acquirente, Richard Haines, investì quasi 9mila dollari per ripararla e decise di cambiarle anche il nome.
Nel 1869 la Amazon divenne ufficialmente la Mary Celeste.
La nuova proprietà apparteneva a quattro soci, cioè James H. Winchester, Sylvester Goodwin, Daniel T. Sampson ed il nuovo capitano Benjamin Spooner Briggs: la loro intenzione era utilizzare il brigantino per attraversare l’Atlantico e realizzare scambi commerciali vantaggiosi sull’Adriatico.
Il primo viaggio della rinnovata imbarcazione iniziò il 7 novembre del 1872 da Staten Island, New York: il carico, 1709 barili di alcool industriale a base di grano, doveva essere trasportato a Genova e l’equipaggio comprendeva il 37enne Briggs, la moglie Sarah, la figlia Sophia Matilda (di due anni) e sette marinai fra i 20 ed i 30 anni, esperti ed affidabili.
Tutto sembrò andare per il meglio, almeno all’inizio.

L’imbarcazione ricomparì, abbandonata e alla deriva, 1 mese e 6 giorni dopo.

Il salvataggio venne effettuato dalla Dei Gratia e dal suo capitano: la nave inglese si imbattè nella Mary Celeste agli inizi del dicembre del 1872 e, dopo diverse ore trascorse a tentare di mettersi in comunicazione con gli occupanti del brigantino, una parte dell’equipaggio, compreso il primo ufficiale, vennero inviati a bordo.
I marinai si trovarono di fronte ad una scena surreale: tutto era in ordine, tutto sembrava al posto giusto, addirittura del cibo nei piatti, ma a mancare erano tutti i passeggeri.
Gli unici problemi riguardavano alcune vele, leggermente strappate, una pompa per l’acqua rotta (il livello dell’acqua sotto coperta raggiungeva il metro, ma non era ancora preoccupante) ed una cima strappata, legata per un capo alla poppa e penzolante sul mare…
La nave venne condotta a Gibilterra, dove arrivò il 13 dicembre: l’inchiesta iniziò immediatamente.
Si scoprì che la Mary Celeste era completamente bagnata, compresi i letti all’interno delle cabine, che la fiancata era attraversata da alcuni solchi, che la bussola era rotta, che il sestante era assente, che le carte di bordo mancavano, che 9 barili erano vuoti e che le scorte di cibo e acqua bastavano ancora per 6 mesi: le ultime annotazioni risalivano al 25 novembre precedente.

Le teorie riguardo alla misteriosa scomparsa dell’equipaggio del brigantino statunitense si moltiplicarono in brevissimo tempo: si andava dal rapimento alieno, all’attacco di un sommergibile di Atlantide, fino alla presenza di un mostro marino, ma le ipotesi più realistiche comprendevano un ammutinamento (ritenuto comunque improbabile visti i rapporti molto amichevoli fra chi occupava la nave), un assalto dei pirati (assenti su quella rotta) e problemi molto gravi legati a condizioni meteo straordinarie.
La spiegazione fino ad ora più accreditata vuole che la Mary Celeste si sia trovata in mezzo ad una tromba d’aria o ad una tempesta nei pressi delle Azzorre (queste, sì, documentate): temendo che il carico, esposto a movimenti bruschi ed urti, sarebbe potuto esplodere, Briggs avrebbe comandato a tutti i membri dell’equipaggio di salire su una scialuppa, legata alla poppa della nave con una corda, per aspettare al sicuro che il tempo migliorasse.
Ma le terribili condizioni del mare avrebbero spezzato la fune, lasciando tutti i passeggeri soli in mezzo all’Oceano e portando la nave fuori dalla sua rotta, fino ad incrociare la Dei Gratia.
Nei successivi 11 anni, la nave cambiò 17 proprietari, ma i marinai si rifiutavano di imbarcarsi, ritenendola ormai maledetta: l’ultimo acquirente, il Capitano Gilman C. Parker, la affondò definitivamente nel 1885 per coprire una frode. Parker morì 3 mesi dopo.

La Kaz II come la Mary Celeste: priva del suo equipaggio

La Kaz II come la Mary Celeste: priva del suo equipaggio

Il terribile destino della Mary Celeste la accomuna ad altre imbarcazioni, diventate vere e proprie navi fantasma nell’immaginario comune: la Caleuche, protagonista di alcune leggende cilene, la Resolven, ritrovata poche ore dopo le ultime note, completamente vuota ma con le lampade ed i fuochi tutti ancora accesi, la Kaz II, la MV Joyita e la più clamorosa di tutte, la Schooner Jenny: quest’ultima, ritrovata 17 anni dopo la scomparsa in Antartide, era occupata dai corpi congelati di tutto l’equipaggio e di un cane.
Il capitano venne trovato ancora seduto sulla sua sedia, con la penna in mano: l’ultima annotazione recitava “4 maggio 1823. Niente cibo da 71 giorni. Sono l’unico sopravvissuto”.