The Neon Demon: dalla Bibbia a Dante Mag18

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The Neon Demon: dalla Bibbia a Dante

Uscito nelle sale nel 2016, The Neon Demon ha scatenato reazioni contrastanti, paragonabili in parte a quelle che avrebbero accompagnato un anno dopo il tanto contestato mother! di Aronofski: l’ultima opera di Nicolas Winding Refn – regista, fra gli altri, di Drive e Bronson – è stata amata e odiata, capita e contestata.
Sicuramente, però, non è passata inosservata.

The Neon Demon: Jesse coperta d'oro

The Neon Demon: Jesse coperta d’oro

Classificato ufficialmente come un horror (e gli elementi terrificanti – seppur non convenzionali – non mancano), il film racconta il lento decadimento della protagonista, la sedicenne Jesse (interpretata da una Elle Fanning quasi elfica), all’interno del mondo della moda di Los Angeles: racconta, cioè, di una perdita di innocenza pericolosa e inesorabile, che si manifesta anche attraverso il comportamento, le parole e gli sguardi degli altri personaggi in gioco.

Dalla modella plastificata che teme di invecchiare alla truccatrice respinta dalla vita, dal fotografo scollegato con la realtà allo stilista che cerca la bellezza assoluta, dall’innamorato disperato al predatore senza scrupoli: la protagonista entra in contatto con l’ambizione, la sofferenza e le speranze di chi la circonda, lasciando che l’ambiente di cui disperatamente vorrebbe far parte la cambi irrimediabilmente.

I simboli utilizzati dal regista per dare forza a questo concetto non mancano: alcuni sono evidenti, altri nascosti. In ogni caso, tutte le interpretazioni arrivano a toccare e collegare elementi della religione cristiana e ispirazioni letterarie, unendo in un unico piano il ruolo del Messia e le Fiere dantesche.

Queste ultime sono – nel Canto I dell’Inferno – la Lupa, la Lonza e il Leone.
La Lupa, simbolo di avidità, viene incarnata dal personaggio di Sarah, modella magrissima (come magra e affamata è la fiera di Dante) che deve fare i conti con la fine della propria carriera; la Lonza, simbolo di Lussuria, è – invece – la truccatrice Ruby, tanto ossessionata dall’idea di far parte di qualcosa, di essere accettata, da non riuscire a fermare i propri impulsi; il Leone, simbolo di superbia, è – infine – la fintissima Gigi, indossatrice quasi totalmente rifatta, terrorizzata dall’idea di invecchiare e di veder sfiorire la propria artificiale bellezza.
Jesse è, infine, il Veltro (cioè, il levriero), simbolo di innocenza, mezzo grazie al quale ottenere la salvezza: nella Commedia è lui a sconfiggere la Lupa.
The Neon Demon, però, ci obbliga a vedere le cose da un altro punto di vista.

The Neon Demon: l'inizio della fine

The Neon Demon: l’inizio della fine

Perché Jesse non è semplicemente una ragazza innocente.
Jesse non ha famiglia, non ha origini, è spuntata letteralmente dal nulla e incarna tutto ciò che Los Angeles disperatamente cerca: qualcosa di vero in un mare di ipocrisia.
Jesse è la bellezza assoluta ed è per questo che, nel film, non le viene mai chiesto “Chi sei?”, ma piuttosto “Cosa sei?”. Jesse è ingenua e forse anche superficiale (è lei a dirci, infatti, che essere carina è l’unica cosa che sa fare), ma è anche consapevole dell’effetto che fa sulle persone.

Jesse è un profeta, un messia: incarna un messaggio e lo trasmette agli altri, che restano folgorati dalla rivelazione (il fotografo che la ricopre d’oro, lo stilista che perde le parole vedendola la prima volta, la truccatrice che se ne invaghisce istantaneamente…).

Il suo destino è, per definizione, la morte, il sacrificio: una volta che la protagonista comprende il suo stesso messaggio (e per la giovanissima protagonista questo momento coincide con la prima sfilata), comprende anche di essere pericolosa. Lo dice lei stessa, parlando come un’apparizione dal trampolino della piscina vuota dove – poi – verrà massacrata dalle fiere invidiose: “Tante ragazze darebbero tutto per essere me”.
Proprio come IL Messia, anche Jesse viene tradita da un discepolo, Ruby, e condotta verso una morte orribile, seguita da un atto di cannibalismo necessario per poter assorbire tutte le sue virtù.

Alla fine della pellicola, ciò che rimane è l’avidità: Sarah è l’unica vincitrice di questa terribile gara.
Ruby viene uccisa dalle sue stesse brame, Gigi non può sopportare quello che ha fatto (“Devo tirarla fuori” è la frase che pronuncia più volte prima di togliersi la vita).
Gli altri? Gli altri restano indifferenti e continuano la propria esistenza quasi inconsapevoli di aver perso l’unico spiraglio di verità.