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Ulay: prima, durante e dopo Marina Abramovic

Ulay, storico esponente della Performing Art, è morto all’età di 76 anni dopo una lunga battaglia contro il cancro: in queste ultime ore si sono moltiplicati sulla rete ricordi ed elogi, addii e commenti increduli.
Se ne va un artista complesso e interessante, pronto a scoprire i limiti dell’essere umano e mettersi alla prova fisicamente e psichicamente: se ne va anche la metà di un duo capace di rivoluzionare l’arte negli anni ’70 e ’80.
Ulay è, infatti, ricordato anche per la sua storia d’amore tormentata e il suo proficuo sodalizio con un’altra artista, Marina Abramovic.
Ma non si limitò solo a quello.

Ulay: dalla fuga alle Polaroid

Nato in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, Ulay ebbe un rapporto molto travagliato con le sue origini: rimasto orfano (con un padre vicino agli ambienti nazisti), crebbe – infatti – in un paese diviso e fratturato, colmo di contraddizioni. Il conflitto interiore si approfondì tanto da spingerlo a rinunciare al nome e alla nazionalità, lasciando moglie e figlio per trasferirsi ad Amsterdam.

Lì – alla fine degli anni ’60 – cominciò ad avvicinarsi al mondo della fotografia, e in particolare delle Polaroid, iniziando uno studio dell’identità e del corpo.
I primi lavori miravano, infatti, a comprendere e raccontare la cultura di travestiti e transessuali.
Alla fotografia si affiancò presto la Performing Art, grazie alla quale conobbe Marina Abramovic.

Ulay e Marina: fra amore e separazioni

Ulay e Marina Abramovic si conobbero nel 1976 e iniziarono una relazione – personale e artistica – lunga 12 anni.
Per tre anni viaggiarono a bordo di un furgoncino, lavorando insieme, e iniziarono a dare vita ad alcuni dei loro Relation Works, opere tramite cui scoprire i limiti dell’essere umano.

Fra queste, possiamo ricordare AAA-AAA, durante la quale i due artisti (ripresi in uno studio televisivo) dovevano urlare uno contro l’altro, a simboleggiare una relazione paritaria in cui gli amanti cercavano poi di superarsi a vicenda; Relation in Time, durante la quale i due utilizzarono i capelli per rimanere legati per 17 ore; Imponderabilia, durante la quale i due – completamente nudi – “costringevano” uomini e donne del pubblico a passare fra i pochi centimetri che li separavano, obbligandoli a scegliere in pochi secondi a chi volgere la schiena; Rest Energy, durante la quale per oltre 4 minuti i due tesero fra loro un arco armato di freccia; The Lovers: The Wall Walk in China, un progetto lungo 90 giorni durante i quali i due percorsero la Muraglia Cinese dai due lati, raggiungendosi a metà e dandosi l’addio definitivo.

Al termine della collaborazione, i due vennero divisi per anni da conflitti economici e dispute per stabilire i diritti d’autore. La riconciliazione avvenne solo dopo un lungo periodo di allontanamento ed è rappresentata anche dall’ultimo incontro artistico dei due, avvenuto durante la performance The Artist is Present che la Abramovic stava portando a termine al MoMA di New York nel 2010.
Gli sguardi fra i due – potenti ed emozionanti – racchiudono senza bisogno di parole un mondo complesso di sentimenti e relazioni.

La malattia e l’ultimo grande progetto

Al termine dei Relation Works, Ulay si riavvicinò alla fotografia, esplorando tematiche diverse: l’emarginazione, il nazionalismo e – negli ultimi anni – anche la difesa dell’ambiente.

Poco dopo essersi trasferito a Lubiana nel 2009, Ulay scoprì, però, di essere malato di cancro. Scelse, allora, di utilizzare la malattia per dar vita al suo ultimo grande progetto: un viaggio nei luoghi significativi della propria vita, una analisi profonda di amore e arte.

Il risultato è il documentario Project Cancer, distribuito nel 2013.