5 copertine che hanno fatto la storia Mar17

5 copertine che hanno fatto la storia...

Le copertine delle riviste non sono sempre semplici “cover”, fotografie colorate pensate esclusivamente per attirare i lettori: a volte, sono capaci di riassumere un momento storico, una trasformazione, un elemento capace di cambiare la società per sempre. Sono un esempio le tante immagini dall’incredibile potenza pubblicate dopo l’11 settembre 2001, i ritratti di politici (George W. Bush e Bill Clinton, per esempio, sono stati protagonisti di alcune delle immagini più suggestive), le foto prive di filtri inviate dai giornalisti di guerra: oggi vediamo 5 copertine che hanno fatto la storia! 1 – Esquire, aprile del 1968: a finire in copertina è Muhammad Ali, vestito con la sua classica divisa da pugile, ma trafitto da frecce. Poco prima, quello che è senza dubbio uno degli atleti più rappresentativi di sempre aveva espresso il suo parere sulla guerra nel Vietnam, rifiutandosi – per motivi religiosi – di arruolarsi nell’esercito: gli era stato tolto il titolo, era stato allontanato dal ring. Esquire aveva, quindi, deciso di dedicargli una serie di copertine “a favore”, dipingendolo come San Sebastiano, protettore degli atleti. Una scelta coraggiosa, sicuramente forte per l’epoca, che ancora oggi fa parlare di sè: un misto di sacro e profano che ben rappresentava quegli anni così difficili. 2 – Life, edizione speciale del 1969: “To the Moon and Back” è il nome del reportage speciale che la rivista Life ha dedicato nel ’69 all’impresa dell’Apollo 11. In copertina, il casco di Buzz Aldrin, fotografato da Armstrong, ci mostra luci e ombre della missione: nella rivista, foto a colori, approfondimenti e curiosità riguardanti uno dei momenti più importanti nella storia dell’evoluzione umana. 3 – Rolling Stones, 22 gennaio 1981: poche ore prima dell’assassinio di John Lennon, Annie Leibovitz aveva scattato una bellissima fotografia, che ritraeva un abbraccio pieno...

Confessioni di centralinista erotica...

Abbiamo chiesto ad una operatrice di un telefono erotico di raccontarci la sua professione. Ma cosa spinge una donna a fare questo lavoro? E’ una della tante domande che le abbiamo posto. Perché è vero che spesso il sesso è una scorciatoia per uscire dalla crisi e trovare un’occupazione. Ma è anche vero che esistono professionisti, aldilà della moralità di qualcuno, che ama queste strambe professioni. Si guadagna bene e in fondo oggi, c’è molto di peggio nel mercato del lavoro. Ma ecco la nostra intervista ad una operatrice del sesso telefonico… Sono un’esperta del sesso telefonico S. ci racconta la sua vita da impiegata di giorno e operatrice di una linea hot di notte. “Sono un professionista del settore, senza dubbio sono quella con la maggiore esperienza tra le mie colleghe. Uomini da tutta Italia, chiamano ogni giorno per trascorrere dei “minuti bollenti” al telefono con noi”. Chi è S. e perché hai scelto questo mestiere? “Fin dall’infanzia, ero una ragazzina molto estroversa a cui piaceva stare al centro dell’attenzione. Questa mia predisposizione, mi ha fatto rispondere ad un annuncio di ricerca di personale per un call center di una linea erotica”. “Sin da subito mi sono trovata bene e ho deciso di intraprendere questa strada”. Lo fai solo per l’aspetto economico? “Posso dire che l’aspetto economico non è essenziale”. “Facendo questo lavoro non si guadagnano cifre enormi come può pensare la gente, ma anzi per farlo al meglio bisogna avere una grande fantasia per poter soddisfare le richieste dei clienti e avere molta pazienza”. La richiesta più strana che hai ricevuto? Non potevano non fargli la domanda sulla richiesta più strana che un cliente le ha fatto: “Ricevo ogni giorno molte richieste strane, forse quella più particolare è quella di un cliente...

2016 – 2017: ricordando David Bowie e i suoi look iconici...

Ad un giorno dal suo settantesimo compleanno e a poco meno di 24 ore dal primo anniversario della sua inaspettata e dolorosa scomparsa, sembra quasi che David Bowie non se ne sia mai andato: gli articoli che parlano di lui si moltiplicano costantemente, così come i post e le immagini condivise dai suoi fan sul web. In molti ne sentono la mancanza e ne ricondividono i principali successi, tirando le somme di questi primi 12 mesi senza il Duca Bianco: considerato l’andamento del 2016, dai più ritenuto estremamente sfortunato (anche per il numero eccezionalmente alto di grandi star scomparse più o meno prematuramente), ad alcuni pare evidente che fosse proprio Bowie a tenere le fila dell’universo oppure, ancor più incredibilmente, che sia semplicemente andato via, costruendo una realtà parallela da popolare con le tante celebrità scomparse nel corso dell’anno passato. Qualsiasi sia la vostra opinione, dalla più realista alla più ottimista, è innegabile che David Bowie abbia significato tantissimo a livello musicale, cinematografico, culturale, sociale e che la sua mancanza stia iniziando a farsi sentire pesantemente. Anche nel campo della moda. A un anno dalla scomparsa, vogliamo ricordarlo così, con un breve elenco di alcune delle sue apparizioni e scelte stilistiche più iconiche! – La tuta realizzata da Kansai Yamamoto per l’Aladdin Sane Tour nel 1973: in piena era Ziggy Stardust, Bowie sorprende con questo outfit senza paragoni, vestendo in modo incredibile ed indimenticabile uno dei suoi personaggi più conosciuti ed apprezzati. Famosissimo anche il make up, imitato e riproposto ininterrottamente fin dalla sua prima apparizione sulla scena. – Diamond Dog: a metà degli anni ’70, iniziano i primi cambiamenti, che avvicinano Bowie alla sua trasformazione successiva, fatta da look decisamente meno colorati ed aggressivi. – Il Duca Bianco: pochi anni dopo il tramonto...

Sempre meno tempo per cucinare? Meno male che c’è il food delivery...

A volte vi capiterà di chiedervi, ma come è possibile riuscire a fare tutto? Ufficio, palestra, spesa, cucinare per tutta la famiglia o per gli amici, riordinare. È praticamente impossibile. Qualcuno deve averci pensato, e allora ecco che una nuova tendenza sembra farsi largo, tra le abitudini anche di noi italiani. Stiamo parlando del food delivery. Pizza, primi piatti, sushi, cucina indiana o greca, hamburger. Il tempo per stare dietro ai fornelli è sempre meno, e allora si cercano soluzioni alternative. Come ad esempio farsi arrivare la cena a domicilio. Cosa ordinare Praticamente è possibile ordinare di tutto. Dalla pizza a domicilio alla cucina asiatica. E poi, cibo etnico, primi pasti, birra artigianale, fino ad arrivare all’insalata. Verrebbe spontaneo pensare che sia una prerogativa dei più giovani, sempre con il telefono in mano, invece è un fenomeno che riguarda tutti, anche gli adulti. Le grandi aziende Tra i precursori di questo settore c’è sicuramente Foodora. Azienda tedesca arrivata anche in Italia, ha fatto delle consegne in bicicletta di cena e pranzo a domicilio, uno dei suoi tratti caratteristici. Celebre è anche Deliveroo, altro colosso delle consegne a domicilio. Altra grande azienda, sempre straniera, è la danese Just Eat. In Italia ci sono tantissime start up su questo tema, Take2Me.it, HelloFood Italia e PizzaBo, una delle prime nate per ordinare cena a domicilio online, e Cliccaemangia. Food delivery in Italia Sorprende che questo genere di business riesca ad avere successo nel nostro paese, eppure è proprio così. Da sempre famoso per la buona cucina, la pasta e la grande tradizione culinaria, in Italia si sta diffondendo sempre di più il fenomeno della cena a domicilio, ordinata online. In buona sostanza siamo ancora un popolo di buone forchette, cambia solo la piattaforma. Cuochi e cuoche cucinano...

Le Vans compiono 50 anni: ecco la loro storia!...

La Van Doren Rubber Company, meglio nota oggi col nome di Vans, venne fondata ad Anaheim (California) il 16 marzo del 1966 dai fratelli Paul e Jim Van Doren, insieme ai soci Gordon Lee e Serge DeLia. Paul Van Doren, impiegato per diversi anni in un negozio di calzature, aveva avuto l’idea di ridisegnare la classica scarpa da barca, rendendola più leggera e capace di aderire perfettamente a diverse superfici, limitando il rischio di scivolare. Aveva, così, dato vita al primo modello Vans. Inizialmente, i prodotti Van Doren riuscirono ad arrivare ad una cinquantina di negozi: divennero in breve tempo molto popolari fra gli appassionati  di surf e, una volta “sbarcati” a Santa Monica, vennero scelti anche dai sempre più numerosi skater, che ne decretarono il successo definitivo, determinando anche significative modifiche a livello di design. La Vans lanciò per prima le “slip-on” (1982), cioè le scarpe senza lacci dai colori originalissimi, pensando agli skater creò una scarpa con una protezione specifica per la caviglia (la Sk8-Hi) e divenne famosissima per la fantasia a scacchi nera e bianca utilizzata più o meno per tutti i modelli: oggi, l’azienda produce anche abbigliamento ed accessori, con un fatturato che sfiora il miliardo di dollari. Fallita nel 1984, Vans venne acquistata da McCown DeLeeuw, che ne curò il rilancio, e, nel 2004, passò alla Vf Corporation, la stessa dei jeans Lee: da quel momento non si è mai più fermata, migliorando di anno in anno risultati e popolarità. Ma cosa rende le Vans tanto speciali? Innanzitutto, l’unicità: le scarpe Van Doren sono realizzate in tela spessa, con una suola in gomma (tipo Waffle) e un disegno semplice, spesso caratterizzato dalla “Jazz Stripe”, cioè dalla banda ondulata laterale, simbolo dell’azienda. I colori sono sempre sgargianti e particolari, ma...

Sanremo Trash: i momenti (in)dimenticabili del Festival della Canzone Italiana...

Il Festival della Canzone Italiana, nato nel 1951, ha visto negli anni alcuni momenti indimenticabili: i testi ed i travestimenti di Elio e le Storie Tese, la partecipazione di Giorgio Faletti con la bellissima “Signor Tenente”, la tragica ed inaspettata morte di Tenco… per un motivo o per un altro, esistono edizioni capaci di rimanere nella storia, per essere citate ancora oggi. Ma diciamoci la verità: soprattutto negli ultimi anni, Sanremo significa soprattutto “trash”, cioè momenti imbarazzanti e dimenticabili, che diventano immortali proprio perché assolutamente ridicoli! Qualche esempio? 1 – La farfallina di Belen: ebbene sì, iniziamo proprio da lei, da quella passeggiata sulle scale corredata da spacco mozzafiato e tatuaggio impossibile… alzi la mano chi non ricorda la mole di discussioni successive a questa scena dell’edizione del 2012! 2 – L’orchestra che lancia gli spartiti: siamo nel 2010, l’improbabile trio formato da Pupo, Emanuele Filiberto di Savoia e Luca Canonici e il cantante Valerio Scanu sorpassano Malika Ayane nelle fasi finali. La reazione dei musicisti di Sanremo è comprensibile, deliziosa e trashissima! 3 – Loredana Bertè e Ivana Spagna che cantano in coppia: durante l’edizione del 2008, la Bertè viene squalificata per un sospetto plagio. La sua reazione convince gli organizzatori e farla comunque esibire fuori  gara con l’amica Ivana Spagna: il risultato, fra costumi e pose studiate, è meraviglioso! 4 – Pippo Baudo che viene ripetutamente toccato da Roberto Benigni: e proprio lì. Anno 2002, Baudo e la Ricciarelli sono ancora sposati: Benigni sale sul palco e pensa bene di mettere a disagio il conduttore saltandogli addosso. Puro spettacolo. 5 – Cavallo Pazzo che travolge Baudo e annuncia il vincitore: cioè, Fausto Leali. Pippo Baudo non è mai stato troppo fortunato, ma il top del trash si è raggiunto proprio con questa...

Perché il Blue Monday non è davvero il Blue Monday...

Da qualche anno, circola la teoria secondo la quale il lunedì dell’ultima settimana che inizia e finisce interamente entro il mese di gennaio sia anche il giorno più triste dell’anno, cioè il Blue Monday. In questa particolare giornata ci si sentirebbe tristi e depressi , meno attivi e propositivi rispetto agli altri giorni: ma sarà vero? L’idea sarebbe partita dalla Sky Travel, che avrebbe presentato calcoli basati su variabili come meteo, salario, distanza temporale dal Natale, debiti, poca motivazione… uniti in una formula che appare così: Naturalmente, la veridicità di questa teoria viene subito messa in dubbio da alcune, semplici, domande: quale meteo bisogna prendere in considerazione? Quale clima è più importante degli altri? Che unità di misura hanno le diverse componenti? E, soprattutto, i giorni al Natale valgono anche per chi è di un’altra religione? Appare, quindi, abbastanza ovvio che il Blue Monday non sia affatto IL Blue Monday per eccellenza: certo, i lunedì sono tutti un po’ difficili, ma non ce n’è uno più nero degli altri… Almeno non secondo leggi...

LE ORIGINI DI HALLOWEEN: STORIE E SIMBOLI...

Le origini di Halloween, festa anglosassone con radici celtiche, vengono fatte risalire a diversi riti, i cui elementi principali si sarebbero uniti nel tempo, a caratterizzare per come la conosciamo oggi la notte fra il 31 ottobre ed il 1 novembre. Ad essere indicate come possibili “fonti di ispirazione” ci sono, per esempio, le feste romane dedicate a Pomona (dea dei frutti celebrata in autunno) e ai cari defunti: i Romani si dedicavano in modo particolare al culto dei morti, ricordando gli avi durante i giorni della Parentalia (fra il 13 ed il 21 febbraio) o placando gli spiriti della notte in occasione della Lemuria (9, 11 e 13 maggio). Ma la festività da cui, più che da qualsiasi altro rito, sembra essere derivato Halloween è il Samhain, anche detto “Capodanno Celtico”: questa festa pagana si svolgeva proprio fra il 31 ottobre ed il 1 novembre e celebrava l’ultimo raccolto prima dell’inverno (in origine, il termine “Samuin” significherebbe “fine dell’estate”). A livello spirituale, però, questi due giorni servivano per contemplare anche la morte e ricordare chi non c’era più: secondo le leggende, nella notte che divideva questi due giorni, i morti potevano tornare ai luoghi che avevano amato, unendo simbolicamente il passato ed il futuro di ogni famiglia e ogni tribù. Proprio questo aspetto avrebbe, poi, influenzato anche la scelta del 1 novembre per la festività di Ognissanti, istituita ufficialmente sotto Papa Gregorio IV nell’840. Con  l’avvento del protestantesimo, la tradizione di Ognissanti venne interrotta, mentre le celebrazioni del 31 ottobre, pagane, sopravvissero arrivando anche nel Nuovo Mondo: il famoso termine Halloween sarebbe entrato in uso più tardi (attestato dal 1556), prendendo forma dallo scozzese “All – Hallows – Eve”, cioè Vigilia di Ognissanti. Per quanto riguarda le origini dei simboli di questa particolarissima...

Lo spot di IBM con Bob Dylan!...

Recentemente è stato pubblicato su Youtube il nuovo spot di IBM con Bob Dylan, che vede forse il più famoso ed apprezzato cantautore statunitense dialogare con IBM Watson, l’intelligenza artificiale del marchio in grado di rispondere a domande poste in un linguaggio naturale, sostenendo una vera e propria conversazione. Descrivendo la sua rapidità di calcolo, Watson dice a Dylan di aver letto tutti i testi delle sue canzoni e di aver riassunto le tematiche principali affrontate dall’artista in tutta la sua carriera a due ambiti: il tempo passa e l’amore sparisce. Il povero Watson, però, non ha mai conosciuto l’amore e viene invitato da Dylan a scrivere con lui una canzone al riguardo: a questo punto il computer si mette a canticchiare. Il musicista non è nuovo alla pubblicità (negli anni ha partecipato alle campagne di Apple, Victoria’s Secret, Pepsi e Chrysler), ma questo spot, particolarmente divertente, dimostra apertamente quanto la figura di Dylan sia importante nella cultura americana: chi meglio di lui, esperto di parole, autore di alcuni dei testi più emozionanti del secondo Novecento, può dialogare con un sistema che fa del linguaggio il suo cardine? Ecco la traduzione del nuovo spot di IBM con Bob Dylan: Watson: “Bob Dylan, per migliorare la mia capacità di linguaggio ho letto i testi di tutte le tue canzoni” Dylan: “Hai letto tutti i miei testi?” W: “Posso leggere 800 milioni di pagine al secondo” D: “Sei veloce!” W: “La mia analisi mostra che i tuoi temi principali riguardano il tempo che passa e l’amore che se ne va” D: “Beh, direi che è giusto” W: “Non ho mai conosciuto l’amore” D: “Forse dovremmo scrivere una canzone insieme” W: “Io so cantare” D: “Sai cantare??” W: “Doo bee doo, doo bee doo…”    ...

Chirurgia plastica: quali sono le città più care?...

La chirurgia plastica è una disciplina ritenuta, a torto o a ragione, piuttosto cara. Certo, non è soltanto colpa dei cachet stratosferici dei migliori chirurghi d’Italia, ma anche dei costi fissi (anche questi abnormi) collegati agli interventi. Questo però non vuol dire che non si può cercare di risparmiare qualcosa, pur rimanendo nell’alveo dei professionisti e delle procedure di qualità indubbia. Come fare? Eliminando quelle che sono le città più care d’Italia quando si ha a che fare con la chirurgia estetica e ricostruttiva. Milano Lo scettro di città più cara per gli interventi di chirurgia estetica in Italia se lo aggiudica, a mani basse, Milano. Si tratta di una città che forse raccoglie i migliori professionisti d’Italia, ma dove costo degli affitti degli studi e competizione hanno portato i prezzi a salire considerevolmente. Si tratta di una realtà con la quale fare i conti se il nostro obiettivo è quello di portare a casa un intervento comunque di qualità senza andare a svenarsi a livello di costi. Milano avrà sicuramente i suoi pregi ed il vanto di annoverare tra le sue professionisti della chirurgia plastica come il Professor Camillo D’Antonio, ma quello dell’economicità non è sicuramente uno di questi. Torino Torino, quando si parla di chirurgia estetica, è una città decisamente particolare. In media sono pochi i professionisti che operano in questa città, e fanno pagare a carissimo prezzo la comodità di essere a pochi chilometri da casa. La città sabauda è di poco meno cara, mediamente, della carissima Milano, soffrendo sicuramente anche la vicinanza di questa. Chi vuole risparmiare qualcosa, dovrà comunque orientarsi verso altri lidi. Verona e Padova Al terzo posto inseriamo Verona e Padova, due città del Nord Est dove i costi per gli interventi di chirurgia estetica sono senza...

TEORIE DEL COMPLOTTO: RETTILIANI, SCIE CHIMICHE ED ALTRE STRANEZZE...

Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di teorie del complotto. Accordi fra super potenze, morti sospette, battaglie, guerre e crisi pilotate ed abilmente messe in scena, avvistamenti di Elvis… insomma, ogni paese, ogni settore commerciale, ogni area politica ha la sua! Ma quali sono le più conosciute e condivise? Quali di queste “stranezze” raccolgono il maggior numero di sostenitori? Scopriamone qualcuna! 1 – UNDERGROUND REICH: secondo alcuni appassionati di storia e politica, i gerarchi nazisti, almeno i principali, non sarebbero morti tutti negli anni ’40, ma si sarebbero riorganizzati tenendosi nell’ombra e realizzando un Reich sotterraneo, capace di coinvolgere anche diversi marchi e tante famiglie in vista. Lo scopo? Controllare la società, naturalmente. 2 – SBARCO SULLA LUNA: niente viaggio, niente sbarco, niente astronauti che saltellano sulla superficie lunare. Quello del 1969 è un film girato con chiare intenzioni propagandistiche: sottolineare e celebrare la superiorità degli USA sull’URSS. Chi è il regista dell’allunaggio? Stanley Kubrick! 3 – I KENNEDY: JFK venne ucciso il 22 novembre del 1963. Ma da chi? Ben il 61% degli americani non crede che Lee Oswald abbia agito da solo: ad aiutarlo, alternativamente, la mafia, il governo, la CIA, Castro o i gruppi razzisti. E suo figlio? John F. Kennedy Jr. si inabissò in mare con il suo aeroplano il 16 luglio del 1999: nell’incidente morirono anche la moglie e la cognata. Alcuni, però, non pensano sia stato un incidente, ma, piuttosto, un attentato, portato a termine con lo scopo di eliminare uno dei possibili candidati alla Casa Bianca nel turno che vide Al Gore e Bush Jr. a confronto. 4 – CATACLISMI VARI: Giappone, Haiti e Pakistan: i terremoti, le inondazioni e le calamità meteorologiche che hanno colpito questi paesi deriverebbero dall’utilizzo da parte degli americani...

BUCKFAST TONIC WINE: LE PREOCCUPAZIONI DELLA SCOZIA...

Il Buckfast Tonic Wine è un liquore prodotto fin dal 1880 in un’abbazia cattolica inglese di benedettini: realizzato a partire dalla mistella, cioè un mix fra mosto d’uva ed alcol etilico o acquavite, negli anni ha subito pochissime modifiche, attestandosi ad un 15% di gradazione e sfruttando un gusto molto simile a quello del vino dell’eucarestia (a detta di chi lo beve). A caratterizzare questa particolare bevanda è, però, soprattutto la presenza massiccia di caffeina: secondo uno studio del New York Times, un litro di Buckfast ne conterrebbe circa 300 milligrammi, cioè l’equivalente di quattro tazzine di espresso. Ma come mai è diventato tanto popolare? Una serie di studi condotti a cavallo del 2010 (a cui ha partecipato anche la BBC) avrebbero rivelato che, fra i rapporti di polizia dello Strathclyde, una regione della Scozia, ben 5.638 coinvolgerebbero in qualche modo il Buckfast Tonic Wine. Addirittura, per 114 casi, la bottiglia di liquore sarebbe stata utilizzata come arma contundente. Il New York Times ha, poi, rivelato che, secondo una ricerca svolta in un istituto minorile, il 43,3% delle persone intervistate avrebbe affermato di aver bevuto questa specifica bevanda prima di commettere il proprio crimine. Questi numeri davvero impressionanti hanno spinto diversi politici scozzesi a chiedersi se non sarebbe molto meglio porre delle limitazioni al consumo del Buckfast, apprezzato soprattutto fra i tifosi di calcio: questo liquore non è, infatti, particolarmente diffuso in Inghilterra, ma ha trovato la sua fortuna negli anni ’70 fra i sostenitori del Celtic Glasgow, diventando rapidamente famoso fra i Neds, cioè gli Hooligan scozzesi. Il problema del consumo di Buckfast sta nelle conseguenze che avrebbe sul comportamento dei bevitori appassionati: la classica sbronza, fatta di confusione e generale debolezza, viene preceduta da una fase di euforia, dovuta alla presenza di...

ACADEMY AWARDS 2015: QUALI SARANNO I LOOK DELLE STAR?...

Gli Academy Awards 2015 si avvicinano e sale l’attesa: chi si aggiudicherà l’ambita statuetta? Quale stile sceglieranno i presentatori? Ci saranno ancora selfie di gruppo? Ma, soprattutto: come si vestiranno le star? In questo primo mese del nuovo anno, fra Golden Globes e SAG Awards (cioè gli Screen Actors Guild Awards), si sono succeduti sul red carpet alcuni look davvero interessanti: non sono mancati scivoloni e abbinamenti improponibili, ma alcune attrici hanno davvero saputo dettare legge, brillando fra le colleghe. Vediamone alcune! EMMA STONE Emma Stone è giovane, brava, bella, simpatica: non le manca davvero niente, compreso lo stile! Ai Golden Globes si è fatta notare per il suo jumpsuit di Lanvin, una tuta caratterizzata da pantaloni a sigaretta, top con paillettes in argento e mega fiocco a effetto strascico. Il trucco era luminoso, la pettinatura originale e sbarazzina… insomma, praticamente perfetta! Ai SAG Awards, la Stone ha cambiato leggermente stile, scegliendo un look più aggressivo: una giacca Dior usata come una sorta di mini abito, che si trasforma in un lunghissimo velo quasi trasparente a creare un abbinamento audace ed elegante. Anche il trucco è più marcato (il rossetto rosa è stato sostituito da un più evidente rossetto rosso), mentre la pettinatura raccolta risulta più classica e severa. ANNA FARIS Anna Faris è la star di Mom, commedia sorprendente e “scorretta”, oltre che la protagonista (prima bruna, poi bionda) della storica serie degli Scary Movie, film un po’ cafoni, che mischiano generi e parodie, strizzando l’occhio ad un pubblico molto giovane. Ai Golden Globes si è presentata con un meraviglioso abito color nude firmato Reem Acra: dettagli e rifiniture in argento, trucco fresco e luminoso e divertente frangetta l’hanno resa praticamente irresistibile! TAYLOR SCHILLING La Schilling, protagonista di Orange is the New Black,...

GOLDEN GLOBE 2015: ECCO I VINCITORI!...

L’11 gennaio, si sono svolti al Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills i Golden Globe 2015, presentati per la terza volta dall’accoppiata vincente formata dalle esplosive Tina Fey ed Amy Poehler. La manifestazione, considerata l’anticamera degli Academy Awards, nasce dalla collaborazione fra la Dick Clark Productions e la Hollywood Foreign Press, cioè l’insieme dei corrispondenti esteri che rappresentano in diversi media il cinema statunitense. Quest’anno, ad ottenere un grande successo è stato l’incredibile Boyhood di Richard Linklater: la pellicola, realizzata in circa 12 anni, dal 2002 al 2013, ripercorre le vicende legate alla crescita di Mason (Ellar Coltrane) e al rapporto con e fra i genitori divorziati (Ethan Hawke e Patricia Arquette). Il film ha letteralmente seguito i suoi personaggi un anno dopo l’altro, accompagnando il protagonista nel delicato passaggio dai 6 ai 18 anni e rappresentando per il regista un esperimento unico, cinema portato all’estremo. Oltre ad ottenere il migliore rating possibile su Rotten Tomatoes ed un Orso d’Argento per il Miglior Regista, la pellicola ha vinto ben tre Golden Globes, posizionandosi in pole position anche per i prossimi Oscar. Ottimi risultati anche per “La teoria del tutto”, primo film cinematografico dedicato alla vita del fisico, astrofisico e cosmologo Stephen Hawking,”Birdman”, pellicola che racconta i tentativi di un attore, famoso per aver interpretato un supereroe, di mettere in scena uno spettacolo a Broadway fra ego, carriera e famiglia, e “Still Alice”, film dedicato alla delicatissima tematica dell’Alzheimer. Un premio speciale è stato assegnato anche a George Clooney che, dopo aver ottenuto il “Cecil B. DeMille” per i suoi impegni umanitari, ha ricordato nel suo discorso gli attori scomparsi Robin Williams e Lauren Bacall e i recenti fatti di cronaca legati agli attentati di Parigi, chiudendo il suo intervento con “Je suis Charlie”. Come...

MODE E TENDENZE 2014: DAGLI HIPSTER AI NEW NORMAL...

In questi ultimi mesi del 2014, si è parlato molto di un cambiamento (radicale?) che riguarda mode e tendenze, di un passaggio che porterà, fra la fine di quest’anno ed il 2015, dagli hipster ai new normal. La parola Hipster ha origini e significati incerti: questo termine nascerebbe, infatti, negli anni ’40 per rappresentare quel gruppo di afroamericani appassionati di bebop e hot jazz che desiderano distinguersi dai fan del swing in tutti i modi, compreso vestirsi in maniera eccentrica. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la cultura hipster si ampliò, diventando oggetto di interesse per diversi scrittori, fra cui Kerouac, Norman Mailer e Frank Tirro, per cui l’hipster è “l’uomo sotterraneo”, l’esistenzialista americano. Negli stessi anni, questo termine viene, però, utilizzato anche per prendere un po’ in giro quei bianchi che si vestono come i jazzisti di colore, cercando di imitarne i comportamenti. Negli anni ’90, l’hipster è, di solito, un giovane (o una giovane) fra i 20 ed i 30 anni, che tenta di vivere in modo indipendente, rigettando i dettami del consumismo e facendo precise scelte anche dal punto di vista della moda. Nel 2010, questo termine torna alla ribalta, segnando l’inizio di una tendenza che ha come elementi principali un abbigliamento attillato e minimal (tornano skinny jeans e pantaloni con il risvolto), accessori vintage (orologi, occhiali, borse che arrivano direttamente dagli anni ’70/’80 oppure riproposti in tempi recenti da marchi e case di moda, ma creati ispirandosi ai modelli precedenti), baffi e barbe per i ragazzi e una sconfinata passione per la tecnologia (in particolare per i prodotti Apple). Lo stile dell’hipster moderno è un mix di colori, trame, disegni già visti e indossati, ma arricchiti da un tocco contemporaneo. Il 2015 segnerà la fine di questo modello? Ultimamente, diversi marchi...