Arredamento B&B: tre punti da non dimenticare Nov28

Arredamento B&B: tre punti da non dimenticare...

L’arredamento B&B deve essere curato nei minimi dettagli per poter assicurare a tutti i visitatori comodità e funzionalità: chi soggiorna in una struttura ricettiva di questo tipo deve potersi considerare quasi a casa, sentirsi a suo agio, ritrovare in ogni angolo gli accessori più utili. Nonostante l’ampia quantità di elementi che possono essere inseriti in camere e spazi comuni, gli elementi essenziali e fondamentali sono sostanzialmente tre: vediamoli! GLI ACCESSORI Ogni oggetto deve avere un suo significato e deve accordarsi con l’arredo circostante: dal comodino alla sedia, passando per mensole, quadri e appendi abiti… nulla va lasciato al caso! Per questo motivo, meglio evitare l’aggiunta ossessiva di accessori inutili, limitandosi a posizionare oggetti che possono davvero fare la differenza, curandone design e impatto visivo. I visitatori saranno sicuramente e piacevolmente sorpresi dall’attenzione riservata a ogni particolare. IL COLORE Collegato al primo elemento, c’è il secondo. Scegliere una palette di tonalità in accordo fra loro è fondamentale per creare un ambiente accogliente: selezionare la scala perfetta per la nostra struttura può aiutarci a far sembrare ogni spazio più grande, realizzando una particolare atmosfera. In alternativa, è possibile anche scegliere colori a contrasto, ma sempre tenendo conto dell’effetto finale: l’obiettivo è evitare il “pugno in un occhio”, aggiungendo un tocco personale, mai esagerato. LA LUCE Una cattiva illuminazione può rovinare tutto lo sforzo fatto per arredare interni ed esterni: una buona progettazione, invece, valorizza anche la stanza più piccola, impreziosendola! Led, profili, lampadari, abatjour: ogni soluzione cambia la nostra percezione di un ambiente, dando valore estetico con un risvolto funzionale importantissimo. Meglio progettare tutto fin dall’inizio, considerando anche questo elemento spesso dimenticato! L’arredamento di un B&B può creare qualche perplessità e può – in caso di inesperienza – trarre in inganno: meglio contattare dei professionisti, in...

Come allestire uno stand: gli accessori che non possono mancare Nov19

Come allestire uno stand: gli accessori che non possono mancare...

Per allestire uno stand nel modo perfetto e attirare i potenziali clienti senza aggredirli o spaventarli sono necessari alcuni piccoli elementi, fondamentali per perfezionare la propria immagine e per trasmettere efficacemente claim e messaggi. I primi due sono sicuramente educazione e moderazione. Quanti di noi sono scappati davanti a un venditore o un addetto alla comunicazione aziendale un po’ troppo zelante? Quanti di noi hanno perso interesse pochi secondi dopo aver iniziato a dialogare col personale in fiera perché letteralmente investiti da una miriade di dettagli al secondo? Chi sta all’interno di uno stand fieristico deve trasmettere professionalità, sicurezza e tranquillità, deve dare informazioni brevi e utili, deve incuriosire senza confondere: un mestiere difficile, quindi, che può decretare il successo o meno di un evento. Ma non finisce qui. Perché anche l’aspetto di uno stand può attirare o meno visitatori! Come si realizza – quindi – la vetrina perfetta? Ecco alcuni consigli. 1 – Pensare a un allestimento scenografico, caratterizzato da pochi colori forti e riconoscibili (perché magari già associati al brand), che possano far “cascare l’occhio” sul prodotto o sul servizio presentato; 2 – Utilizzare uno slogan breve, che rimanga impresso nella memoria e che possa essere ripetuto durante le presentazioni senza risultare un po’ stucchevole; 3 – Inserire almeno un angolo multimediale, con immagini e video esplicativi. Possono essere molto utili anche monitor touch, schermi interattivi e tablet da lasciare (sempre sotto un minimo di supervisione) ai visitatori interessati; 4 – Creare un’immagine forte e coerente, sfruttando poster, volantini, disegni, penne personalizzate, palloncini, pannelli in pvc espanso pubblicitari, roll up, totem, magliette per il personale ed espositori. Fondamentali sono i biglietti da visita: leggeri, belli da vedere e facili da trasportare! 5 – Preparare dei gadget, magari creando delle vere e proprie...

10 Film che parlano di “orrori” ambientali Ott22

10 Film che parlano di “orrori” ambientali...

Di pellicole post-apocalittiche è piena la cinematografia mondiale: futuri non troppo lontani in cui gli alieni ci controllano (come in Essi Vivono), mondi paralleli nei quali una tremenda epidemia ha decimato la popolazione o ha trasformato la maggioranza in pericolosi esseri mostruosi (come in 28 giorni dopo, Io sono Leggenda, Contagion o L’Esercito delle 12 Scimmie), realtà in cui la tecnologia ha preso il sopravvento (Terminator e Matrix, per citarne due). Ci sono, poi, punti di vista più originali, come quello espresso da Carpenter nel suo iconico 1997: Fuga da New York, dove possiamo vedere un mondo reso invivibile da un aumento del 400% della criminalità. C’è – poi – tutto un filone dedicato ai cambiamenti climatici e alle loro conseguenze su ecosistemi e civiltà: a pochi giorni da Halloween, vediamo 10 Film che parlano di “orrori” ambientali! Dalla guerra nucleare allo scioglimento dei ghiacciai Questa importante e ampia categoria di film include pellicole d’azione, d’avventura e thriller, lungometraggi tradizionali e animazioni: a ciascuno di noi sarà capitato di vedere almeno uno di questi titoli! – THE DAY AFTER TOMORROW: uscito nel 2004, questo film d’azione descrive le conseguenze catastrofiche del surriscaldamento del pianeta. In poche ore, il mondo è costretto ad affrontare il distacco di una parte della banchina dell’Antartide, tempeste, tornati, inondazioni: il tutto sembra presagire una nuova glaciazione. – NAUSICAA nella Valle del Vento: il film d’animazione del maestro Hayao Miyazaki – uscito nel 1984 – descrive una guerra termonucleare di ben sette giorni, capace di devastare quasi completamente il pianeta. I pochi sopravvissuti sono costretti ad affrontare automi biologici, creati dall’uomo e sfuggiti a ogni controllo. – I FIGLI DEGLI UOMINI: questo particolarissimo – affascinante, doloroso – film di fantascienza del 2006 racconta in modo unico le connessioni fra diverse...

The Wilhelm Scream: l’effetto sonoro più famoso! Ott02

The Wilhelm Scream: l’effetto sonoro più famoso!...

Il Wilhelm Scream (o urlo di Wilhelm) è uno degli effetti sonori cinematografici più famosi di sempre: si tratta di un grido maschile acuto, che fa subito pensare che qualcuno stia cadendo o sia stato colpito in modo piuttosto doloroso. Generalmente, viene inserito dai montatori all’interno dei film per sottolineare con un po’ di pathos la morte – spesso spettacolare – di un personaggio. Ma il Wilhelm Scream non è solo una clip sonora aggiunta per enfatizzare un passaggio della trama: è anche, e soprattutto, un inside joke fra esperti di cinema, una specie di sorpresa che tanti appassionati ricercando ogni volta che guardano una nuova pellicola! L’urlo compare la prima volta nel 1951, nel film “Tamburi lontani”: il grido accompagna la morte di un personaggio minore, sbranato da un alligatore. Alcuni anni dopo, Ben Burtt – montatore dalla saga Guerre Stellari – incappa in questo effetto sonoro e se ne innamora: non solo lo inserisce in tutti i film, ma cerca anche di risalire all’autore dell’urlo. Nonostante non ci siano conferme, pare che il padre del Wilhelm Scream (chiamato così in onore di un personaggio del film “L’indiana Bianca” del ’53) sia l’attore e cantante Sheb Wooley. Da quel momento, l’effetto sonoro comincia a circolare e sempre più pellicole lo includono: il suo impatto è talmente forte da fargli guadagnare una diffusione incredibile, anche fra serie tv e videogiochi. La notorietà del grido cresce a dismisura negli anni e l’effetto diventa un vero e proprio Easter Egg: in rete esistono veri e propri elenchi aggiornati giorno per giorno, che includono tutti i titoli in cui è possibile ascoltare la presunta voce di Wooley. Qualche esempio? Avengers: Infinity War, Cars, Up, Juno, District 9, Barbie e la Scarpetta Rosa, Small Soldiers, Primeval (in cui...

Cannock Chase: la foresta dei misteri Set25

Cannock Chase: la foresta dei misteri...

Cannock Chase, foresta inglese romantica e misteriosa, è solo una delle numerose aree verdi infestate: pensate a Hoia Baciu o alla foresta dei suicidi in Giappone… luoghi macabri sono sparsi davvero ovunque.  La storia inquietante di Cannock Chase inizia, però, da un fatto di cronaca davvero terribile: i tre omicidi A34. L’1 dicembre del 1964, Julia Taylor, 9 anni, sta camminando per la strada, quando uno strano uomo su un’auto le offre un passaggio: dice di essere un amico della madre e Julia non ha motivo di credere diversamente. Accetta il passaggio, senza poter immaginare le conseguenze. Il giorno dopo un ciclista la ritrova vicino alla foresta di Cannock Chase, agonizzante ma viva. L’8 settembre del 1965, Margaret Reynolds (6 anni) sparisce dalla scuola; pochi mesi dopo – il 30 dicembre – a sparire lungo il tragitto per raggiungere casa della nonna è Diana Joy Tift, di 5 anni. Nonostante l’enorme dispiegamento di forze e uomini, nessuna delle due viene ritrovata. Il 19 agosto del 1967, Christine Darby (7 anni) accetta un passaggio da uno sconosciuto: un soldato ritrova il suo corpo martoriato tre giorni dopo, poco lontano da Cannock Chase. Il 4 novembre del 1968, a scampare alle attenzioni di uno strano individuo è Margaret Aulton: sta per accettare un passaggio in macchina, quando le forze dell’ordine – avvertite da un 18enne che sta osservando la scena – fermano il guidatore. Seduto sulla sua Ford Corsair verde e bianca c’è Raymond Leslie Morris: viene accusato dei rapimenti e degli omicidi e, nonostante neghi con forza la sua colpevolezza, Julia – la prima vittima fortunatamente sopravvissuta – lo riconosce ufficialmente durante il processo. Morris viene condannato all’ergastolo: è morto nel 2014, a 84 anni. In corrispondenza alle sparizioni, e poi alla morte di Morris,...

Gaetano Scirea: i miti del calcio che restano nella storia Set03

Gaetano Scirea: i miti del calcio che restano nella storia...

Il 3 settembre del 1989 moriva in un incidente stradale Gaetano Scirea, colonna della Juve e icona del buon calcio, dello sport interpretato con eleganza e misura, dei valori che vanno oltre il campo e arrivano alla vita di tutti i giorni. Gai è entrato nella storia per il suo talento, per la sua moderazione, anche per la sua scomparsa prematura e inaccettabile: purtroppo, non è stato il solo ad andarsene troppo presto. Con lui, ci sono tantissimi sportivi indimenticabili: il Torino scomparso a Superga, lo United colpito dal disastro aereo di Monaco, più recentemente Davide Astori, Piermario Morosini… Oggi vogliamo parlare di quattro campioni, che hanno cambiato questo sport e sono rimasti nel cuore di tutti i tifosi.   GAETANO SCIREA Nasce nel 1953 e si fa largo nel mondo del pallone diventando uno dei migliori interpreti nella storia di questa disciplina: insieme a Zoff, Cabrini e Gentile dà vita a una delle linee difensive più forti mai esistite e, come capitano, guida la sua Juventus dal 1984 al 1988. Scirea è corretto, elegante, non alza mai la voce, non si abbandona a gesti di stizza, non perde mai la calma e fa di tutto per contenere compagni e avversari: nella sua carriera non viene mai espulso, un fatto quasi unico se si considera il suo ruolo di difensore. È il primo giocatore a vincere tutte le principali competizioni UEFA, diventa campione del mondo nel 1982 e per tantissimi anni detiene imbattuto il record di presenze con la Juve: 552 apparizioni. Nel 1989, finita la meravigliosa carriera sul campo, inizia il suo percorso come allenatore, in collaborazione con Zoff: per questo motivo, a settembre si reca in Polonia per visionare la squadra che a breve avrebbe dovuto incontrare la Juventus in Coppa UEFA,...

Fake News: Marte grande come la Luna? Purtroppo no!...

Il 27 agosto del 2003, una piccola incomprensione ha generato una vera e propria Fake News, che si è ingrandita e modificata fino ad arrivare a oggi. Cosa dice questa popolarissima bufala? Che stasera Marte comparirà nel cielo e sarà grande quanto la Luna! Ecco, purtroppo non sarà così. Purtroppo, perché – ammettiamolo – sarebbe bellissimo, romantico, emozionante! Ma invece Marte sarà sempre Marte e non potremo confonderlo con il nostro satellite. Come siamo arrivati fino a qui? 16 anni fa Marte di è trovato alla minima distanza dalla Terra (a meno di 60 MILIONI di chilometri): non vuol dire che fosse gigante, non vuol dire che fosse grande quanto la Luna e nemmeno che questo ”evento” potesse ripetersi. O meglio, si ripeterà nel 2287, ma il Pianeta Rosso sarà per noi sempre delle stesse dimensioni. Più semplicemente, significava che con un adeguato strumento di osservazione, Marte sarebbe stato quanto la Luna, vista dalla Terra A OCCHIO NUDO. La comunicazione – però – è stata decisamente mal interpretata e ora, ogni 22 mesi, ci troviamo a doverla smentire da capo. Piccola nota: PER FORTUNA, Marte non è grande quanto la Luna. Con le sue dimensioni e la gravità rischierebbe davvero di causare seri danni al nostro...

Robert the Doll e Annabelle: bambole maledette e musei dell’orrore Ago07

Robert the Doll e Annabelle: bambole maledette e musei dell’orrore...

Cinema e leggende urbane hanno più di una cosa in comune: fra queste, la trasformazione di bambole e bambolotti in oggetti magici, maledetti, spaventosi. Che si tratti di costosissimi modelli in porcellana, pupazzi cuciti a mano del secolo scorso o giocattoli super moderni e accessoriati, ognuno di loro può nascondere un segreto, un’anima perversa capace di tormentare la vita di chi li possiede, anche solo per un momento. Parlando di fortunate serie horror è impossibile non pensare a Chucky la bambola assassina, ma negli ultimi anni il cinema ha trovato una nuova protagonista, la cui storia è ispirata a fatti realmente accaduti: si tratta di Annabelle. Annabelle è una Raggedy Ann, una bambola dai capelli rossi e dal viso amichevole: nei film è sempre un po’ inquietante, le sue espressioni sono poco convincenti e non si fatica affatto a ritenerla posseduta da forze maligne. Il modello reale, regalato nel 1968 a una studentessa che si preparava a diventare infermiera, è molto più innocuo, tenero e simpatico: è la classica bambola di pezza che potrebbe fare un figurone in qualsiasi cameretta per bambini. Peccato che il suo comportamento fosse alquanto bizzarro, per non dire davvero terrificante: spostamenti, voci, risate…. la studentessa e il suo inquilino, spaventati a morte, decisero di chiamare un medium immediatamente. Il verdetto? All’interno del giocattolo si trovava (e apparentemente si trova) lo spirito di una ragazza deceduta. Il nome è – manco a dirlo – Annabelle. Cosa fare a questo punto? Più o meno quello che succede nei film. I due contattarono Ed e Lorraine Warren, la coppia esperta dell’occulto, i quali – dopo aver confermato il sospetto del primo medium – si portarono via la bambola, per esporla al loro The Warrens’ Occult Museum a Monroe, Connecticut. I più cinici...

Serie TV: 5 episodi che hanno cambiato la storia...

Le serie tv – anzi, le “serie” e basta, considerato che la maggior parte dei prodotti degli ultimi anni oggi vengono guardati tramite servizi streaming come Netflix o Amazon Prime – sono la grande rivelazione dell’ultimo periodo: alcuni titoli davvero importanti, però, sono molto più vecchi e, nonostante i diversi metodi di fruizione, hanno fatto la storia fra colpi di scena, rivelazioni, cliffhanger senza pietà. Ma fra tutti, quali episodi hanno modificato questo mezzo di comunicazione e intrattenimento per sempre? Eccone cinque! 1 – Buffy The Vampire Slayer. “The Body”: un episodio diverso da ogni altro, perché termina con la morte – improvvisa e inspiegabile – della madre della protagonista. La scena è cruda, realistica, dolorosa, priva di musica: rispecchia alla perfezione il vuoto che si prova per una perdita del genere. Gli elementi magici sono messi da parte, non ci sono combattimenti, non c’è nulla da fare: chi ha avuto il privilegio di vedere la scena in prima tv sicuramente la ricorda ancora oggi! 2 – Game of Thrones, “Baelor”: la morte di un personaggio ormai non è più una gran notizia. Anzi, per alcune serie tv sembra quasi che una morte strategica possa servire a rialzare gli ascolti dopo qualche annata non troppo fortunata. Ma come la mettiamo con la morte del protagonista al termine della prima stagione? È quello che succede nel Trono di Spade: lo stupore generato nel pubblico – almeno fra quelli che non avevano letto i libri – è, ad oggi, quasi imbattuto (forse superato solo dalle Nozze Rosse, pochi episodi dopo). 3 – Ellen, “The Puppy Episode”: cioè, l’episodio in cui Ellen DeGeneres fa ufficialmente coming out, cambiando per sempre la storia della televisione e quella della rappresentazione della comunità LGBT in televisione. Il percorso non è...

Earth Overshoot Day: #MOVETHEDATE! Lug29

Earth Overshoot Day: #MOVETHEDATE!...

Il 29 luglio 2019 è ufficialmente l’Earth Overshoot Day, cioè il giorno in cui la nostra domanda di risorse rinnovabili (fra cui, acqua, cibo e assorbimento dell’anidride carbonica) supera la capacità del nostro pianeta di rigenerare queste stesse risorse nell’anno: in poche parole, superiamo la Biocapacità Globale, iniziando a consumare le risorse del futuro. Si tratta di alberi, specie animali, aria che la Terra non potrà sostituire e riprodurre. La Global Footprint Network si è dedicata all’argomento, aprendo anche il sito www.overshootday.org: gli approfondimenti pubblicati permettono di consultare online i dati di ogni singolo paese, ripercorrendo le tappe dello sviluppo e del consumo di ogni continente, ma anche di calcolare la propria impronta ecologica, cioè l’impatto che ognuno di noi ha sul pianeta. Secondo le stime, l’Italia ha raggiunto il suo Earth Overshoot Day già il 15 maggio: ci servirebbe il corrispondente di 4,7 volte quanto prodotto dal nostro paese per sostenere i nostri ritmi senza impattare sulla Terra. La media mondiale non è migliore: consumiamo come se avessimo a disposizione 1,75 pianeti. Ma ne abbiamo uno soltanto. A causare la maggior parte dei problemi è il costante aumento delle emissioni di CO2 (il 60% delle risorse utilizzate sono proprio le “richieste di natura”, necessarie per assorbire l’anidride carbonica), ma contano anche produzione di cibo, crescita delle città, aumento della popolazione globale. Cosa possiamo fare in proposito? Le soluzioni avanzate dalla Global Footprint Network sono molte e interessanti: entro il 2050, l’80% degli abitanti della Terra risiederà in città: city planning e strategie per lo sviluppo urbano sono fondamentali per salvaguardare il territorio; la decarbonizzazione progressiva delle attività porterebbe a un miglioramento – fra gli altri – dell’aria che respiriamo; preferire cibi locali e diminuire il consumo di prodotti lavorati (ad esempio, i cereali...

Number Stations: i messaggi segreti viaggiano in radio?...

L’ultima stagione di Stranger Things ha riproposto un grande classico cinematografico degli anni ’80, decennio in cui il confronto e le rivalità fra USA e URSS hanno fatto da sfondo a quasi tutti i lungometraggi action, dai più ai meno trash: spionaggio via radio, realizzato con messaggi cifrati che viaggiano su onde corte. Frasi all’apparenza senza senso, che possono essere decifrate solo dai destinatari designati… più o meno. Insomma, nei film questi messaggi vengono sempre compresi senza troppi problemi, ma stiamo pur sempre parlando di Hollywood! Nel mondo reale, però, esistono dei canali radio accusati ripetutamente di essere mezzi di comunicazione fra e per spie: si tratta delle Number Stations. Le Number Stations sono trasmissioni in onde corte, difficilissime da localizzare e capaci di raggiungere quasi ogni punto del pianeta: non hanno bisogno di ripetitori, perché è lo strato più alto dell’atmosfera a rifletterle e propagarle. La loro natura le rende perfette per l’invio di messaggi, avvisi e ordini: possono essere captate da normalissime radio, ma non prevedono – o sostengono – una interazione. A renderle così interessanti, però, è il tipo di codici trasmessi. Le stazioni, infatti, si possono dividere in quattor gruppi: – Number Stations in fonia, caratterizzate da voci reali o sintetizzate che pronunciano in sequenza numeri, parole o lettere dell’alfabeto fonetico. Le voci sono solitamente femminili (meno di frequente maschili o addirittura infantili) e possono utilizzare diverse lingue: le più comuni sono spagnolo e inglese, ma non mancano francese, italiano e lingue slave; – Number Stations in codice morse; – Number Stations con suoni all’apparenza privi di significato (sono dette anche Noise Stations); – Number Stations con nastri musicali trasmessi al contrario. Ogni trasmissione viene preceduta da un suono iniziale, da un brano musicale, da una parola nota e termina...

Perché i bambini medievali sono così brutti?...

Ci avrete pensato sicuramente anche voi, almeno una volta: visitando un museo, camminando in una chiesa, sfogliando un libro di storia dell’arte… ma perché i bambini medievali sono così brutti? L’arte di quel periodo – attenzione – è meravigliosa, è espressione di un importante periodo storico ed è fondamentale per comprendere tutto ciò che è venuto dopo, però… sono davvero brutti! Sembrano uomini anziani, però piccoli. Alcuni hanno persino la pelata! Ecco, se anche voi vi siete fatti questa domanda fondamentale e avete cercato una risposta a quello che è un dubbio che può tormentare anche i più razionali fra noi, sappiate che una risposta c’è! Phil Edwards ha scritto un articolo molto divertente per Vox e, dopo aver intervistato il professore di storia dell’arte Matthew Averett, ha capito che è tutto intenzionale: i bimbi brutti dovevano essere brutti. Le motivazioni sono, in realtà, molto più semplici di quanto si possa pensare: gli artisti medievali sapevano disegnare benissimo e avevano tutti gli strumenti per farlo seguendo i canoni che conosciamo oggi. Ma nel Medioevo il realismo non era poi così importante: ad essere importante era la dimensione simbolica. Gesù, che è poi il protagonista principale delle opere del tempo, è – infatti – un HOMUNCULUS, cioè un “piccolo uomo”. Gesù è compiuto, è formato, è già perfetto e, anche da bambino, riflette già ciò che sarà il Gesù adulto. Non è, cioè, un bambino come gli altri, ed ecco perché le sue fattezze sono già quelle di un uomo, solo più basso. Gli artisti medievali si rifacevano a vere e proprie convenzioni, a metodi comuni per raffigurare i soggetti religiosi e questo spiega anche perché alcune opere di pittori diversi si assomiglino molto fra loro. Questo stile – scelto e diffuso consapevolmente – arrivò...

Le organizzazioni e la rivoluzione digitale...

Le imprese stanno attraversando cambiamenti radicali, in questa epoca di innovazioni continue. La struttura del lavoro è mutata e con essa anche i processi che la caratterizzano. La globalizzazione dei mercati, la crisi economica e la competizione elevata hanno determinato la necessità di nuove strategie. Se da un lato le esigenze delle aziende sono immutate, le singole persone invece hanno bisogno di avere nuove conoscenze individuali. La learning organization ha maturato l’esigenza di sviluppare un apprendimento che non sia lontano dal mondo del lavoro ma che muova con esso, che sia personalizzato ed efficiente e che miri a conferire delle competenze trasversali alle persone. La principale risorsa economica è, e sempre sarà, la conoscenza dei soggetti. Al di là delle organizzazioni sono gli scenari che vengono creati a generare profitti. In Italia forse adesso si intravede l’esigenza di attuare una politica anticrisi che non sia indirizzata unicamente sotto il profilo professionale ma che individui i punti chiave dell’esigenza più importante. Le aziende non possono andare avanti con prodotti pre-confezionati, questo non avrebbe senso per l’ottimizzazione delle risorse. Proprio per tale motivo si è posta l’esigenza di nuovi strumenti atti a verificare le competenze del personale, al fine di migliorarle e adeguarle a standard qualitativi di un certo tipo. La conoscenza rappresenta il vero cambiamento, la leva strategica per realizzare nuovi sviluppi professionali. I nuovi processi di formazione devono necessariamente includere: Digitalizzazione dei contenuti, presentati in formati più accattivanti e stimolanti, che consentano una fruizione diversificata, seguendo le nuove linee guida; Tecniche per aumentare il coinvolgimento emotivo dei partecipanti; Piattaforme idonee all’apprendimento collaborativo In questo senso è molto utile l’utilizzo della Gamification, ovvero l’inserimento di chiavi emozionali che aiutino ad aumentare il coinvolgimento delle persone. Formare un dipendente vuol dire aiutarlo a sentire come proprio...

Andrea Pazienza: genio e talento a 31 anni dalla scomparsa Mag24

Andrea Pazienza: genio e talento a 31 anni dalla scomparsa...

Andrea Pazienza, detto anche Paz, è stato un fumettista, pittore e vignettista (ma anche scenografo, insegnante, illustratore, disegnatore) di talento unico, un genio, di quelli capaci di rimanere rilevanti, moderni, taglienti ed attuali anche a trent’anni dalla morte. Anzi, 31 quest’anno. Paz nasce il 23 maggio del 1956 in provincia di Ascoli Piceno, ma vive fino all’adolescenza con la sua famiglia a San Severo: dai 12 anni in poi fa avanti e indietro per motivi di studio, prima al liceo artistico di Pescara, poi al DAMS di Bologna. Qui incontra tantissimi artisti, fra cui Palandri, Tondelli, Freak Antoni. Fin da giovanissimo, si dedica al disegno, realizzando i suoi primi fumetti e dipinti: le prime mostre risalgono al ’73, grazie alla collaborazione con il Laboratorio Comune d’Arte “Convergenze”. A due esami dalla laurea, Andrea molla l’università e si dedica alla sua passione, fortemente impressionati dagli anni della contestazione: le manifestazioni e il clima di quel momento storico diventano, per esempio, sfondo de “Le straordinarie avventure di Pentothal” (1977). Le collaborazioni degli anni ’70 e ’80 comprendono la rivista “Cannibale”, la rivista satirica Il Male, la fondazione di Frigidaire (su cui debutta il personaggio di Zanardi), Linus, Avaj, Tango, Zut. Paz realizza storie in bianco e nero, storie a colori, poster, copertine di dischi (come Robinson di Vecchioni), manifesti cinematografici (Città delle Donne di Fellini), videoclip musicali, scenografie teatrali, calendari e pubblicità. Aiuta persino Roberto Benigni con la sceneggiatura de Il Piccolo Diavolo, che uscirà poi postumo. Fra l’82 e l’83 espone anche alcuni dei suoi quadri, prima a Bologna, poi a Roma e a Genova. Nel frattempo, però, si avvicina anche alla droga, con tantissimi alti e bassi: inizia a essere chiamato “Il tossico” e lui, a conoscenza del nomignolo, ci scherza volentieri su, perfettamente...

Yurei: il culto dei morti in Giappone Apr11

Yurei: il culto dei morti in Giappone...

Nel nostro blog abbiamo già parlato della mitologia giapponese, nominando – fra gli altri – anche gli Yurei, gli spiriti dei defunti. Il loro ruolo è fondamentale nella tradizione nipponica e deriva da un culto molto profondo, tramandato di generazione in generazione: vediamolo nel dettaglio! Yurei: cosa succede agli spiriti dei defunti? Secondo un’antica tradizione giapponese, dopo la dipartita, lo spirito di un defunto – chiamato Reikon – rimane 49 giorni nei pressi del luogo della morte, attendendo il proprio destino: se i riti funebri vengono svolti correttamente e non persistono legami con i vivi, l’anima può continuare il proprio percorso, raggiungendo gli antenati nell’aldilà. Potrà tornare a visitare i vivi una volta l’anno, ad agosto, in occasione della festa di Obon. Quando, però, questo passaggio non viene assicurato, i funerali non vengono svolti o persistono stretti legami che ancorano lo spirito al mondo dei vivi (il defunto non ha, per esempio, portato a termine i suoi compiti e sente l’obbligo morale, detto ON, di rimanere sulla Terra), il Reikon diventa Yurei, un vero e proprio fantasma che può infestare persone, luoghi e cose. Capelli neri, un’ampia veste bianca, braccia tese ma mani penzoloni e alcune fiammelle blu che li accompagnano ovunque, gli Yurei non sono né buoni né cattivi, ma si rivolgono ai vivi per cercare aiuto: sono il risultato di una morte violenta (e in quel caso potrebbero tormentare gli assassini) e di forti emozioni che li tengono intrappolati. Invocazione ed esorcismo Invocare la presenza di un Yurei non è difficile. Secondo la tradizione, infatti, basta partecipare al “gioco” Hyakumonogatari Kaidankai: ci si riunisce in gruppo e, a turno, si racconta una storia horror, spegnendo al termine una candela (o una fonte di luce). Quando l’ultima luce sarà spenta, il fantasma si...

Black Knight: satellite o detrito? Apr03

Black Knight: satellite o detrito?...

L’11 dicembre del 1998, l’astronauta Jerry Ross si trovava all’esterno dello Space Shuttle Endeavour, impegnato nelle attività necessarie per collegare il modulo statunitense Unity a quello russo Zarja e iniziare, così, ad assemblare la ISS, la Stazione Spaziale Internazionale. Il lavoro svolto all’esterno della cabina prevedeva anche l’isolamento di alcuni perni metallici con una coperta termica: durante l’operazione Ross perse, però, la presa sul rivestimento, che cominciò ad allontanarsi lentamente dal nucleo della stazione, fluttuando. Gli astronauti rimasti sullo Shuttle scattarono immediatamente alcune foto dell’oggetto, discutendo anche sulla possibilità di recuperarlo: l’idea venne scartata e la coperta venne classificata come “detrito” in orbita intorno alla Terra. La serie di fotografie, però, mostrava qualcosa di strano: in alcune immagini, infatti, la coperta in controluce era completamente nera e i riflessi del sole la facevano quasi sembrare metallica. Gli ufologi si concentrarono in modo particolare proprio su queste istantanee, dando vita alla leggenda del Satellite Black Knight. Black Knight: fra realtà e speculazioni A supportare la teoria secondo la quale quelle foto mostrerebbero un satellite extraterrestre in orbita attorno al nostro pianeta ci sarebbero almeno due storie, molto precedenti al 1998. Nel 1954, infatti, il ricercatore di UFO Donald Keyhide divenne famoso raccontando che l’Air Force aveva individuato due satelliti di origine sconosciuta in volo attorno alla Terra: all’epoca, non esistevano ancora dispositivi terrestri e la notizia fece – a suo modo – scalpore. Pochi anni dopo, nel ’60, fu la Marina a diventare protagonista di un rilevamento interessante e misterioso: la US Navy, infatti, avvistò un oggetto nero volare a un’orbita di 79° rispetto all’Equatore, tenendo una traiettoria piuttosto strana e un periodo orbitale di circa 104 minuti. La scoperta venne, però, giustificata sostenendo si trattasse di uno dei frammenti del Discoverer VIII, lanciato senza...

Il mistero della SS Ourang Medan Mar21

Il mistero della SS Ourang Medan...

I misteri marittimi, per quanto terribili come la storia che racconteremo fra poco, conservano sempre un certo fascino: sembra quasi che il mare riesca a tenere per sé dei segreti impossibili da scoprire e che – per questo motivo – ci attiri nonostante il freddo, l’isolamento, la morte. Ed è proprio di morte che si parla quando si fa riferimento alla SS Ourang Medan, una nave mercantile olandese che, negli anni ’40, avrebbe subito un tragico destino. Giugno 1947. Due navi statunitensi, la “Città di Baltimora” e la “Silver Star” stanno navigando nello stretto di Malacca quando riescono a intercettare un messaggio proveniente dalla SS Ourang Medan (il nome deriva, probabilmente, dall’indonesiano e potrebbe essere tradotto con “Uomo di Medan”, la città più grande dell’isola di Sumatra). Il messaggio, in Morse, è inquietante: “Tutti gli ufficiali, tra cui il capitano della nave e l’equipaggio intero, giacciono morti in sala nautica e sul ponte. Forse su tutta la nave non restano superstiti… Anche io sento arrivare il mio momento, aiutatemi“. La prima imbarcazione a raggiungere la nave olandese e la Silver Star: a chi giunge sul ponte si presenta una scena terribile. L’intero equipaggio giace morto a terra, i corpi sono disseminati ovunque. Non ci sono segni di lotta, non c’è confusione, sui cadaveri non ci sono elementi che facciano pensare ad aggressioni violente, ma il volto di quasi tutti è segnato dal terrore, alcuni hanno anche le braccia tese verso l’alto, come a cercare aiuto. La Silver Star fa l’unica cosa possibile: aggancia la SS Ourang Medan e cerca di trainarla verso il porto più vicino, nella speranza che delle indagini possano spiegare cosa sia effettivamente successo sulla nave. Durante il trasporto, però, qualcosa di strano accade: il mercantile olandese prende fuoco e affonda...

I 140 anni di Albert Einstein!...

Albert Einstein, fisico e filosofo tedesco (naturalizzato statunitense), è una vera e propria icona: un genio, una rockstar della scienza, capace di riaffermarsi anno per anno come punto di riferimento, non solo in ambito accademico, ma anche fra i “comuni mortali”, grazie ad alcune abitudini e alcuni consigli applicabili e replicabili ancora oggi. E proprio oggi, 14 marzo 2019 (per ironia “3.14” è anche il giorno del Pi Greco),lo scienziato avrebbe compiuto 140 anni: celebriamolo con qualche curiosità! 1 – Albert Einstein divenne molto famoso negli anni ’20, dopo aver pubblicato i primi studi sull’effetto fotoelettrico e sulla relatività generale: la sua fama iniziò a crescere vertiginosamente, tanto che il fisico cominciò un vero e proprio tour di conferenze in tutto il mondo. Durante il suo soggiorno in Giappone nel novembre del ’22, l’accoglienza calorosa sorprese enormemente Einstein, che decise di trascorrere le sue giornate da solo, in tranquillità, nell’Hotel di Tokyo: qui, lasciò due biglietti scritti a mano a un cameriere, al posto della mancia (non si sa se sia stato il cameriere a rifiutare il denaro dello scienziato o se sia stato lo scienziato e non avere in quel momento spiccioli a disposizione). I due biglietti recitano: “Una vita calma e modesta porta più felicità della ricerca del successo abbinata a una costante irrequietezza” e “Quando c’è una volontà, esiste una vita”. Consegnando i pezzi di carta, Einstein avrebbe detto al cameriere che, con un po’ di fortuna, da lì a pochi anni avrebbero acquisito un po’ di valore. Il primo biglietto è stato venduto per 1.3 milioni di euro; il secondo per 230 mila euro. 2 – Nel 1915, durante un suo soggiorno lontano da casa, Einstein scrisse una lettere al figlio undicenne Hans Albert: nel testo, gli rivelò che il...

Un sito tutto da scoprire...

Da pochi giorni è stato rinnovato il sito www.tgyou24.it, un sito ricco di news e curiosità. Questa piattaforma prende le sembianze di un vero e proprio quotidiano online in cui vengono pubblicate le ultime notizie dal mondo e notizie di cronaca rosa. Leggere un articolo del sito a fine giornata è davvero molto rilassante in quanto non troviamo i soliti contenuti pesanti e tristi (infatti sono pochi gli articoli che trattano di cronaca nera), ma è ricco di articoli riguardanti argomenti leggeri e colorati. Già a prima vista, appena si apre la schermata della home del sito, puoi vedere le categorie in cui si divide il sito: ambiente, comuni irpini, cronaca, lavoro, politica, tecnologia, sport, donna, salute e viaggi. Ogni pezzo pubblicato sul sito è curato nei minimi dettagli ed è scritto in modo che la sa lettura sia rapida e chiara. Inoltre, c’è da aggiungere, che all’interno del sito, ci sono dei veri e propri mini siti. Forza sport, You donna, Tutta Salute, Viaggiando sono stati creati in modo tale da apparire proprio come un sito nel sito. Tra gli articoli pubblicati ne troviamo alcuni di davvero utili e interessanti, come l’articolo ‘’come addormentare un neonato’’ che offre consigli utili su come aiutare i neogenitori a far dormire il proprio piccolo; oppure come l’articolo ’’ attenzione al ghiaccio alimentare’’ che spiega quanto sia importante l’utilizzo di un ghiaccio ben prodotto. Inoltre, di gran spicco sono gli articoli della nostra direttrice, Anna Sciacovelli, che ogni giorno si impegna nella stesura di nuovi articoli, affrontando sempre tematiche diverse. Il sito tgyou24, offre la possibilità al lettore di segnalare una notizia tramite l’area ‘’ Inviaci la tua notizia’’. Molto sviluppata è l’area dedicata alla tecnologia: troviamo guide su come utilizzare lo smartphone come modem, su come...

L’importanza del Curriculum nel 2019 Feb21

L’importanza del Curriculum nel 2019...

Se si parla di lavoro e di colloqui, alla fine si finisce sempre a parlare di Curriculum. Serve o non serve? Formato Europass o più “creativo”? Insomma, le molteplici innovazioni nel settore delle risorse umane e della selezione del personale pongono leciti interrogativi sull’utilità del curriculum vitae in questi ultimi anni. Vi presentiamo quindi una ricognizione generale di cos’è il CV è quali sono le best practices attualmente consigliate dagli esperti del settore. Signore e signori: il curriculum! Il curriculum vitae (o più semplicemente CV) è un documento in cui il candidato ad un posto di lavoro evidenzia particolari requisiti per far comprendere “chi è” al selezionatore. Tipicamente, oltre ad alcuni dati generali anagrafici, riporta poi il percorso di formazione effettuato e il dettaglio delle esperienze di lavoro. Generalmente verso la fine il candidato può anche riportare altre informazioni utili, ma non necessariamente attinenti al mondo lavorativo. Ad esempio esperienze di volontariato, passioni, arte, etc. E’ un documento che, una volta strutturata la propria storia lavorativa e formativa, viene poi inviato ad aziende ed HR per proporsi rispetto a ricerche in corso e/o per future collaborazioni. Può essere, o non essere, accompagnato da una lettera di presentazione, che altro non è che un testo di presentazione di sé specificamente indirizzato al destinatario. Il formato Europass Negli ultimi anni tra le aziende e chi si occupa di formazione è nata l’esigenza di un formato “standardizzato” di CV, onde evitare i frequenti errori di impostazione da parte dei candidati. Senza una “guida” da seguire, infatti, in molti potevano scordarsi di compilare alcune sezioni, o omettere informazioni importanti. E’ nato così il formato cosiddetto “Europass”, formato condiviso tra gli Stati Membri e che oggi è il formato più diffuso negli ambienti lavorati e formativi. Alcune realtà, come...